Botte, minacce e violenze Le donne ora si ribellano

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Mercoledì 4 Settembre 2019, 05:04
L'EMERGENZA
FERMO Botte e insulti. Minacce e ricatti. Angherie. Contro chi è più debole, nel corpo e nella mente. La paura che attanaglia le viscere e una sola parola in testa: basta. Un'idea che, pian piano, si fa strada. A cui aggrapparsi con le poche forze rimaste. Negli ultimi giorni, il Fermano ha visto un'impennata di casi di donne che, stanche di subire, hanno denunciato i loro partner, ex o attuali. Vessate per anni, sono riuscite a uscire dalla spirale di soprusi e violenze che era la loro quotidianità.
Il commento
«L'aumento di denunce è un fatto positivo spiega Chiara Ferrari, coordinatrice del Cav, il Centro antiviolenza del Fermano Percorsi Donna , ma non vuol dire che il fenomeno sia in crescita. I numeri sono difficili da calcolare, perché c'è un sommerso enorme. Sicuramente, se ne parla di più rispetto a qualche anno fa e questo, insieme a una maggiore consapevolezza dei diritti che le donne hanno e dei servizi a loro disposizione, le incentiva a dire basta». La denuncia è l'ultimo atto di un lungo percorso a ostacoli, fatto di rimproveri e lividi, ripensamenti e perdoni. Spesso, il primo passo verso la libertà avviene nei Centri antiviolenza. In quello fermano, quest'anno, si sono recate in 37. Hanno chiesto aiuto a una delle cinque sedi dislocate nel territorio (Fermo, Pedaso, Porto Sant'Elpidio, Sant'Elpidio a Mare e Comunanza. Da due anni c'è anche una casa rifugio). Quasi impossibile fare l'identikit della vittima. Perché il fenomeno è trasversale come pochi.
L'età
«Riguarda tutte le fasce d'età dice Ferrari , anche se la più sensibile è quella che va dai 40 ai 50 anni. Ma abbiamo avuto anche ragazzine e, in minima parte, donne anziane. Soprattutto italiane, sia sposate che non, lavoratrici o disoccupate. Qualcuna anche laureata, con un lavoro di prestigio. Questo perché è un fenomeno culturale, che avviene dentro le mura di casa». Il primo contatto con il centro è per telefono. Poi l'incontro con l'assistente sociale. L'avvocato per le questioni legali e la psicologa «per aumentare l'autostima». Che, dopo anni di botte e soprusi, è sottoterra. Se i casi di violenza, nel Fermano, per ora, sono in linea con quelli degli altri anni (nel 2018 gli accessi sono stati 62), in aumento sono le vittime di stalking e del cosiddetto revenge porn. La vendetta dell'uomo lasciato che non accetta la fine della relazione e che mette in rete foto e video intimi dell'ex partner, col solo fine di screditarla. Una pratica da poco diventata reato. Con l'approvazione del Codice Rosso, un pacchetto di leggi che, tra l'altro, riduce i tempi di indagini e processi e prevede pene più severe per i partner violenti. Se e quanto sarà utile è presto per dirlo (è stato approvato a luglio).
La fiducia
Quel che è certo è che va a toccare uno dei nervi scoperti del fenomeno: i tempi. Con le vittime che, con non poche difficoltà, sporgono denuncia, mentre i mesi passano e non succede niente. Allora le donne si scoraggiano. Perdono fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Certe volte, nell'attesa, vengono ammazzate. Ma denunciare è l'unico modo per uscire dall'incubo. Chiedendo aiuto, senza vergognarsi di mostrarsi fragili, di ammettere che la relazione, da fuori perfetta, da dentro è un inferno. Farlo, per se stesse e per i figli, se ci sono. Che vivono la violenza domestica come normalità e che, crescendo, si ritroveranno, a loro volta, a essere carnefici o vittime.
Francesca Pasquali
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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