Quel giorno di maggio alla Palombella, quando una ruspa dissotterrò l'ordigno

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Venerdì 18 Gennaio 2019, 05:05
Quel giorno di maggio alla Palombella, quando una ruspa dissotterrò l'ordigno lungo la Flaminia, a poche decine di metri dalla stazione, a nessuno venne in mente di fermare i treni. «Ricordo che fu sufficiente bloccare il traffico stradale per un tratto di 500 metri e la denuncia di ritrovamento dell'ordigno la compilai il giorno dopo», rende l'idea il cavalier Renzo Di Bert, che dopo l'esperienza da artificiere continuò la carriera militare nei paracadutisti della Folgore fino al 92 e fino a una decina di anni fa ancora si lanciava.
Caricate sui camion
Provate a chiedergli quanto costava, ai suoi tempi, mettere in sicurezza un residuato bellico. «Il mio premio di disinnesco era di 2.000 lire a bomba, a cui si aggiungeva un'indennità giornaliera di 140 lire - fa i conti -. Dopo aver tolto spolette e detonatore, caricavamo le bombe sui camion facendole rotolare con una corda su due paratori e le portavamo alla Cittadella, poi alla foce del Reno per farle brillare. Erano altri tempi, oggi sembrerebbe incoscienza, ma ho lavorato sempre in sicurezza».
Ne conviene il dottor Nicola Casazza, il capo della Mobile che il 18 maggio 71 intervenne sulla Flaminia, un superpoliziotto rimasto celebre nelle Marche per aver recuperato i capolavori di Tiziano e del Guercino rubati dalla chiesa di San Domenico ad Ancona. «Ricordo un intervento di routine, in genere i disinneschi di bombe erano velocissimi. Parliamo di altri tempi, non c'era cultura della prevenzione, l'abbiamo scoperta più tardi, oggi la sicurezza è giustamente al primo posto», racconta a 89 anni da Busto Arsizio, dove abita da quando ha concluso una carriera che l'ha visto in ruoli di primo piano, questore a Sondrio, Trieste e Bologna.
Non solo nel 71, ma anche una decina di anni dopo, maneggiare bombe inesplose non faceva trattenere il respiro. Lo ricorda un altro volto noto della questura dorica, la dottoressa Fernanda Santorsola, 86 anni, rispolverando un episodio di inizio Anni 80, poco dopo la nomina a capo della Squadra Mobile di Ancona, prima donna in un ruolo così delicato. «Ci venne segnalata la presenza di un ordigno durante lavori di scavo in centro - ricorda -. Mandai subito una pattuglia con l'ordine di transennare l'area e attendere l'arrivo degli artificieri. Mezz'ora dopo mi vidi arrivare in ufficio i due agenti, uno aveva in mano un sacchetto con dentro la bomba. Mi dissero che non avevano tempo di aspettare...».
Lorenzo Sconocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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