PER ORA DIECI LETTI IN PIÙ A PESARO E CINQUE A SAN BENEDETTO

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Mercoledì 21 Ottobre 2020, 05:05
IL PROBLEMA
La speranza è che non servano ma se i contagi viaggiano al ritmo di un positivo su sette tampone, come da bollettino Gores di lunedì, il problema bisognerà porselo e anche in fretta. Il problema è questo: le aziende sanitarie della Regione Marche hanno realizzato solo una minima parte dei 105 posti programmati per potenziare la dotazione delle terapie intensive. La premessa è che in questo momento la dotazione base di 115 posti spalmati tra ospedali di II e I livello è più che sufficiente ma il dato statico inganna: una settimana i pazienti gravi erano sei e ieri erano triplicati (19). A questo ritmo esponenziale bastano tre settimane per arrivare oltre a saturazione.
La preoccupazione tangibile
La scorsa settimana in Regione, alla nomina dei nuovi assessori, c'è stata fibrillazione quando ci si è accorti che solo 15 posti su 105 (della dotazione aggiuntiva prevista dalla delibera 751 del 16 giugno) sono stati allestiti. A San Benedetto e Pesaro, per la precisione: saranno disponibili a brevissimo. Va risottolineato un particolare: le rianimazioni ordinarie degli ospedali marchigiani lavorano regolarmente. Qui stiamo parlando dei posti aggiuntivi che andavano creati per i pazienti gravi. La delibera 751 prevedeva 38 letti in più a Torrette e 41 letti a Pesaro. Poi sette posti a Jesi, cinque a San Benedetto e 14 a Fermo: tutto fermo o quasi. Visto quel che succede nessuno è rimasto a guardare: chi poteva riconvertire, Torrette e Pesaro, ha riconvertito il possibile allargando la dotazione originaria. Tuttavia già da ora, in prospettiva, ci si pone il problema di trovare nuovi ambienti asettici e nessuno vuole arrivare alle sale chirurgiche - come durante il lockdown - perché questo darebbe il colpo di grazia alle liste di attesa.
L'organizzazione
Ma perché si è arrivati fino a questo punto a quattro mesi dalla famosa delibera? Perché le aziende sanitarie avevano due strade per realizzare il piano di potenziamento chiesto dal governo entro il 17 giugno. Viaggiare da sole affidandosi ai general contractor già agganciati per contratto ai propri servizi oppure affidarsi al bando nazionale della Protezione civile che garantiva un pacchetto all inclusive (progettista più azienda). La Regione di Ceriscioli al tempo ha scelto (con una eccezione) la seconda via e il risultato è che il bando della Protezione civile è stato aggiudicato il 7 ottobre scorso. Dunque, siamo ancora a carissimo amico. La polemica è affiorata a livello nazionale alla fine della scorsa settimana e quando il neo assessore alla Sanità Saltamartini ha chiesto delucidazioni in merito pare sia saltato sulla sedia. Nel report nazionale, le Marche oggi hanno 129 posti di terapia intensiva per 1 milione e 538mila abitanti: un dato che relativizzato corrisponde a una percentuale dell'8,3 per cento. C'è da mettersi a piangere e non è da escludere che Saltamartini lo abbia già fatto. A Palazzo Rossini dicono di averlo visto «molto preoccupato»: le Marche sono terz'ultime nella graduatoria nazionale nella distribuzione dei letti di terapia intensiva per abitanti. Peggio di noi stanno solo Campania e Calabria.
Chi è andato controcorrente
La parte buona di questa storia sono le aziende sanitarie delle Marche che hanno deciso di andare avanti per conto proprio. Marche Nord, per esempio, dopo lo tsunami di marzo e aprile, ha scelto subito la via in autonomia: si è affidata al general contractor con tutti i rischi del caso e tra dieci giorni avrà chiavi in mano dieci posti di terapia intensiva in più già collaudati. Gli altri 31? Nel grande silenzio della Regione il tam tam parla di lavori in corso e consegna al 31 dicembre. Nel frattempo, come ad Ancona, sei posti in più sono stati allestiti. La Asur che in Area Vasta 5 dispone di operai e locali già in via di trasformazione ha preso la palla al balzo. Per cui al Madonna del Soccorso i cinque letti di terapia intensiva previsti per il potenziamento sono stati allestiti e devono essere inaugurati. Torrette deciderà oggi se affidarsi al proprio general contractor ma solo se i tempi di progettazione e realizzazione saranno inferiori a quelli del vincitore del bando nazionale. In ogni caso si parla almeno di tre mesi con le feste in mezzo. Poi, c'è il Covid hospital e ci sono sempre le sale chirurgiche. Ma intanto questo non è lo scenario che si era studiato a giugno.
Andrea Taffi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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