L'INTERVISTA
Governatore Francesco Acquaroli, la scorsa settimana aveva espresso

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Venerdì 23 Luglio 2021, 05:05
L'INTERVISTA
Governatore Francesco Acquaroli, la scorsa settimana aveva espresso forti perplessità sul Green Pass. Ieri il governo ha tirato dritto.
«Ero e sono preoccupato. Per il passaggio nelle altre fasce di colore le piccole regioni ci rimettono. Per due motivi: il primo è che hanno meno posti in terapia intensiva e area medica. Se i parametri per andare in zona gialla sono rispettivamente 10% di terapie intensive covid e 15% dei letti disponibili in area medica chi ci rimette, in termini assoluti, sono le piccole regioni».
Avevate proposto almeno il 20%.
«Esatto: si era partiti dal 5% per le rianimazioni, piazzare la soglia a 10 è penalizzante per noi. Faccio un esempio: a giugno con 30 ricoverati in rianimazione non c'era una situazione grave sul territorio. Così saremmo in zona gialla».
Il secondo motivo di preoccupazione è il Green pass?
«Ovviamente sì. Chiarisco alcuni passaggi: il mio scetticismo sull'utilizzo del Green Pass riguardava quelle situazioni quotidiane e ripetitive come andare al ristorante. Che invece saranno vincolate all'utilizzo del green pass: così si crea una condizione di provvisorietà. Chi è che fa il tampone ogni due giorni per andare a cena al ristorante? Secondo me si poteva evitare questo tipo di approccio. Soprattutto in questa fase. Non dimentichiamo che la nostra Regione, come molte sta posticipando le seconde dosi perché mancano i sieri. Poi un'ultima considerazione, la campagna vaccinale, concretamente, è decollata a marzo: in cinque mesi, al termine di luglio, avremo somministrato circa un milione di prime dosi e siamo a oltre 500mila doppie dosi. Possiamo dire che c'è stata una risposta in massa. E poi siamo in piena estate, nel mese delle vacanze: imporre il green pass non è il messaggio giusto».
Quale poteva essere il messaggio giusto?
«Io avrei compreso il Green pass per le grandi manifestazioni, ad esempio per andare allo stadio, entrare in un palazzetto, assistere un concerto. Tutto quello cioè che non rappresenta la quotidianità. Così non è un obbligo fare il tampone o il vaccino ma diventa una condizione imprescindibile se voglio andare al ristorante o in palestra. Il problema è che avviare questa cosa tra luglio e agosto significa incidere nel momento in cui le famiglie hanno prenotato le vacanze».
Insomma, merito sbagliato e tempi sbagliati.
«Ne faccio una questione oggettiva, non ideologica: farlo in questo momento non ha lo scopo di contrastare la pandemia ma di stimolare la vaccinazione creando però un pregiudizio. Tradotto: non metto l'obbligo vaccinale ma ti costringo a vaccinarti per fare una vita normale».
Provi a vedere il lato positivo.
«Bastava aspettare il ritorno dalle vacanze e dalle ferie. Molti aspettavano settembre. Su 1 milione e 350mila persone di target delle Marche ad oggi, la prima dose è stata inoculata al 74% della gente e voglio ringraziare i marchigiani perché sono arrivati fino a questo punto».
Si pone già il tema dei controlli nei locali.
«Immagini il ragazzo che lavora al ristorante che si trova difronte il cliente senza prenotazione. Chi controlla? Chi sono ancora troppe cose da chiarire».
Andrea Taffi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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