L'EPIDEMIA
ANCONA Sarà uno svuotarsi lento, con la flemma di una goccia.

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Martedì 13 Aprile 2021, 05:08
L'EPIDEMIA
ANCONA Sarà uno svuotarsi lento, con la flemma di una goccia. Gli ospedali non sono, e non possono essere, la rappresentazione plastica delle quattro settimane in discesa del tasso d'incidenza della positività. L'area medica, che è l'insieme dei reparti ordinari e di sub-intensiva, dai primi di settembre, l'inizio della seconda ondata pandemica, è arrivata al picco il 27 marzo scorso con 812 pazienti ricoverati in tutte le Marche. Ieri se ne contavano 733. Una flessione molto graduale, con 79 in meno (-10%). Un regredire che in terapia intensiva, in proporzione, è molto più vistoso: qui il culmine s'è raggiunto il 25 marzo con 157 posti letto occupati. Ieri erano 129 (-20%).
I numeri
A fare la differenza in quest'area di massima gravità è che la pressione si allenta per due motivi distinti: i decessi o la sistemazione in zone dove è richiesta una cura meno aggressiva. Triste dirlo, c'è una doppia probabilità. Sovrapponendo il grafico dell'andamento nelle corsie con quello del tasso d'incidenza, ovvero il numero di casi positivi ogni 100mila abitanti, emerge come alla velocità di decrescita del secondo fattore non corrisponda quella del primo. Dal 15 al 21 marzo quell'indice era a 320 e, con un fluire costante, tanto da rendere il dato espressione di una tendenza consolidata, si è giunti a 147 della settimana compresa tra il 5 e l'11 aprile. Ma per meglio comprendere quel procedere a passo non sincronico è necessario un terzo livello di lettura: quello dei numeri assoluti. Prendendo come riferimento la forbice tra il 29 marzo e il 4 aprile, erano 3.200 i contagiati di tutto il territorio, cifra alla quale corrisponde un tasso d'incidenza pari a 211,6; passando alla settimana successiva, quella che s'è appena chiusa, i casi complessivi erano 2.220 con un tasso al 147,4. È la dimostrazione sul campo: le cifre sono ancora importanti nonostante siano in flessione. E che comunque sarà uno svuotarsi, seppure lento, lo si può dedurre dalla trincea dei pronto soccorso: ieri dal nord al sud della regione erano 34 le postazioni convertite alle urgenze del Coronavirus occupate, il 22 marzo si era all'allarme rosso, a quota 151.
Le somministrazioni
Ma la vera sfida ora è far procedere in senso diametralmente opposto la curva dei vaccini e quella pandemica. Con la prima in accelerazione costante e la seconda in frenata profonda. Almeno questa è la speranza. Fino a ieri sono state 246.178 le prime somministrazioni: già di per sé garantiscono un buon livello di sicurezza nel respingere gli attacchi di un virus che, attraverso le sue mutazioni, non intende mollare il terreno di battaglia. Uno scudo rafforzato nel caso dei 107.443 la soggetti che hanno ricevuto anche la seconda dose. Procedendo di scorporo, a ieri erano 96mila gli over 80 che hanno ottenuto la metà di quel preparato messo a punto per centrare l'obiettivo-immunizzazione. In 55mila sono già passati per il girone di ritorno. Ed è procedendo al ritmo di 10-11mila iniezioni al giorno che la cabina di regia di Palazzo Raffaello s'è imposta come traguardo le 446mila prime dosi entro maggio. Allora sì che la pressione sugli ospedali si allenterà, che le vite spezzate non listeranno più a lutto bollettini e rapporti. E che sarà il mese della riaperture, come è andata ripetendo ieri il ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini, nel suo passaggio nelle Marche. E soprattutto non sarà più una ripartenza con la flemma di una goccia.
Maria Cristina Benedetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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