IL RETROSCENA
ANCONA Niente prigionieri. Lo avevamo ipotizzato e così è

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Venerdì 14 Febbraio 2020, 10:15
IL RETROSCENA
ANCONA Niente prigionieri. Lo avevamo ipotizzato e così è stato: dopo il mercoledì parabolico del centrosinistra (Longhi accetta le Primarie forte dell'accordo con Ceriscioli, la Mancinelli va da Zingaretti per avere la candidatura, la coalizione boccia le Primarie) il Pd va in pezzi. Nel tardo pomeriggio del day after, in Regione, si consuma una direzione ombra con la maggioranza di Ceriscioli (governatore compreso) che fa tabula rasa dei paletti fissati dal vice segretario nazionale Pd Orlando, delle regole e del lungo e paziente dialogo con gli alleati: obiettivo primarie, subito. Assenti il segretario regionale Giovanni Gostoli, oltre all'ala che ha fatto quadrato attorno alla sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, tra cui i primi cittadini di Pesaro e Macerata Matteo Ricci e Romano Carancini, Paolo Petrini ed Emanuele Lodolini. Fuori anche il presidente del consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo.
È la guerra aperta
È dunque guerra aperta all'interno del Pd, ridotto ormai a riunioni carbonare e visite alla chetichella. Tra una maggioranza stoppata da Roma e una minoranza - tra cui il segretario e i tre sindaci di capoluogo - che finisce per essere trattata così dopo il caos che è riuscita a non gestire. Stavolta la sintesi si trova, e come: è il caos. Complice anche la tempesta nazionale provocata da Renzi che assorbe il Nazareno in altre, decisive faccende. A ora di cena è Ceriscioli che taglia i ponti con l'esterno e imbarca la ciurma dei fedelissimi: «Sono stufo di sentire che è Roma a decidere, come sostiene qualcuno. Da domani (oggi, ndr) predisporremo il documento per la richiesta delle Primarie e da sabato inizieremo a raccogliere le adesioni degli alleati per vedere chi ci sta. Poi verrà convocata la direzione e metteremo la decisione ai voti».
I primi segnali
E questo, nonostante dal tavolo della coalizione di mercoledì sera fosse arrivato un no a larga maggioranza alle Primarie. Ma nel pomeriggio di ieri le cose cambiano: mentre mercoledì sera solo il Psi chiede le Primarie, ieri Uniti per le Marche vira unita per il voto che designerà il candidato. Un segnale. E si parla di rigidità nel Pd difronte alla coalizione. Altro che addio Primarie. Ceriscioli conferma. «È il 13 febbraio - dice deciso - bisogna entrare in campagna elettorale. Sono stufo di vedere il gioco sporco di altri che cambiano idea ogni mezza giornata. Italia Viva non vuole la sintesi e non vuole le primarie. Che vadano per la propria strada. Adesso spazziamo tutti i dubbi e facciamo parlare i cittadini». Alla riunione, a quanto pare affollata, sono presenti tra gli altri i quattro segretari provinciali di Pesaro, Macerata, Fermo ed Ascoli. Ci sono Mangialardi, Comi. È la risposta alle tattiche sottobanco dell'area Mancinelli che la dice lunga sul clima tesissimo in casa Dem. E non pare dunque casuale che sia saltato, qualche ora prima, il vis-à-vis tra Ceriscioli e la prima cittadina, previsto alle 15:30 sempre in quel di palazzo Raffaello.
Il rinvio
I suoi supporter avrebbero sconsigliato al governatore il faccia a faccia perché «se la sindaca vuole dire qualcosa, deve farlo negli organismi di partito». In realtà, la sindaca, ieri, pur rimanendo ottimista, pare fosse più cauta rispetto al giorno prima, tanto che avrebbe confidato ai suoi di essersi «scocciata», aggiungendo un «ho dato anche troppo». La sua candidatura non è mai stata ufficialmente calata in campo, ma nel gioco del vedo-non vedo, nell'ultimo periodo si è scoperta troppo sollevando un vespaio. A cui la maggioranza del Pd risponde per le rime. Dopo la bordata dei segretari Scaramucci, Vitali, Alessandrini e Terrani di mercoledì arriva il colpo secco di Ceriscioli: «Non faccio passi indietro: devo tatuarmelo sulla fronte?. Avrei accettato Longhi in caso avesse portato dentro M5S». In realtà, la seconda proposta Longhi (quella targata Articolo 1, ratificata ieri) era tenere unito il centrosinistra. I grillini erano alla voce vari ed eventuali.
La versione differente
C'erano stati contatti tra governatore ed ex rettore, una sorta di accordo abbastanza chiaro. «No, no - stoppa Ceriscioli inusualmente veemente - Orlando in direzione è stato chiaro: siccome a livello nazionale il discorso con M5S non è ancora chiusa proviamoci ancora». Montesi e Busilacchi sul punto rimangono in silenzio ma si capisce che la loro versione è un'altra. E per quel che serve, ormai, è superata. Ora si gioca su un terreno fangoso tra schizzi che arriveranno fino a Roma e conseguenze potenzialmente disastrose. Bisognerà vedere come la prenderà Gostoli e se potrebbero esserci altre sorprese. La direzione del Pd comunque è chiara: toccato il fondo, si inizia a scavare.
Martina Marinangeli
Andrea Taffi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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