Giro di appalti milionari e falsi certificati antimafia Scandalo Sae, 35 indagati

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Domenica 16 Febbraio 2020, 14:35
L'INDAGINE
ANCONA Appalti e subappalti affidati alle aziende impegnate nella ricostruzione senza verificarne i requisiti, tra cui la certificazione antimafia, e attestando falsamente le capacità prescritte. Ma non solo: lavori portati avanti oltre le tempistiche stabilite e varianti approvate con «motivazioni non attendenti al vero». Queste le ipotesi accusatorie che fondano l'inchiesta portata avanti dalla procura distrettuale di Ancona per valutare eventuali irregolarità legate alla fornitura e alla posa in opera delle Sae, le soluzioni abitative d'emergenza destinate all'area del cratere del sisma del 2016. L'indagine, in mano al pm Irene Bilotta, è stata chiusa nei giorni scorsi a oltre due anni dall'inizio degli accertamenti condotti sul campo dalla Guardia di finanza. Figurano 35 indagati: 15 ditte e 20 persone.
I nomi e le società coinvolti
Tra queste ultime compaiono il dirigente della Protezione civile regionale David Piccinini, Lucia Taffetani, direttore d'esecuzione nell'ambito dell'accordo quadro per la fornitura delle casette, il funzionario Stefano Stefoni in quanto responsabile unico del procedimento, e Giorgio Gervasi, presidente del Consorzio Stabile Arcale, la rete di imprese composta da aziende emiliane, toscane e umbre, incaricata di occuparsi della catena per l'installazione della abitazioni destinate ai terremotati. Sono poi indagati i titolari e i legali rappresentanti delle ditte a cui sono stati affidati i lavori. Tra le aziende prese di mira dalla procura ce ne sono tre marchigiane: la Costruzioni Giuseppe Montagna Srl con sede a Pesaro, l'Italian Window Distribution & Trading srl e la Global Window Services & Logistics srl, entrambe con sede a Terre Roveresche in provincia di Pesaro Urbino. A vario titolo, i reati sono: abuso d'ufficio, truffa, falso ideologico commesso in atto pubblico e frode nelle pubbliche forniture. Dal procedimento è uscito Maurizio Urbinati, dirigente Erap di Ancona, inizialmente indagato. In trenta pagine di capo d'imputazione, il sostituto procuratore ha passato ai raggi X ogni contratto giudicato sospetto dalla Guardia di Finanza, concentrandosi su un arco temporale compreso tra il 2017 e il 2019.
L'accusa
Stando alla tesi accusatoria, ci sarebbero state presunte irregolarità nell'affidamento degli appalti e dei subappalti destinati alla fornitura e alla costruzione delle casette. In particolare, gli inquirenti sostengono che per consentire l'affidamento dei lavori a determinate ditte si sarebbe attestata falsamente la sussistenza dei requisiti prescritti, come ad esempio le competenze tecniche, comportando dunque un omesso controllo da chi invece doveva vigilare. Oppure, per la procura, le opere nelle aree del cratere sarebbero state assicurate a ditte prive della certificazione antimafia o non iscritte alle white list della Prefettura o all'anagrafe antimafia relativo agli esecutori del sisma del 2016. Per quanto riguarda i subappalti ci sono partite del valore di anche 4 milioni e mezzo di euro.
Le contestazioni
Riguardavano soprattutto la fornitura e la posa in opera degli infissi interni, l'installazione di portoncini blindati e accessori annessi, lavori relativi agli impianti tecnologici, la posa di pavimentazioni e impermeabilizzazioni del basamento del modulo abitativo. Parte delle contestazioni riguarda i lavori per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e fondazione a servizio dell'area di via Cesare Battisti 1, a Visso. L'appalto, per quasi 2 milioni di euro, era stato affidato alla Costruzioni Giuseppe Montagna, azienda che stando a quanto rilevato dagli inquirenti non possedeva i requisiti tecnici all'atto dell'aggiudicazione. Presunti illeciti sarebbero proseguiti con le varie tranche dei subappalti, sempre riguardanti l'area di Visso, destinati ad aziende prive delle certificazioni richieste. Tra l'altro, secondo la procura, i lavori per l'urbanizzazione di quella zona sarebbero iniziati tardivamente e andati a rilento. Di mezzo, ci si sarebbe anche messa una variante (risalente a febbraio 2018 e del valore di circa 900 mila euro) che prevedeva l'allungamento dei tempi di altri 233 giorni (su una stima dei 77 iniziali) e l'inserimento nel progetto di opere diverse da quelle inizialmente stabilite.
I ritardi
Per la procura a causa del ritardo gli assegnatari delle casette non hanno potuto occupare gli alloggi entro il termine contrattuale, continuando dunque a percepire il contributo di sistemazione autonoma fornito dalla Regione. A febbraio 2019 sostiene l'accusa mancava ancora all'appello la produzione del certificato di ultimazione dei lavori. Stando a quanto rilevato dai finanzieri, la variante sarebbe stata solo un escamotage per ridurre il costo dei lavori e dunque guadagnare soldi: «il risparmio non è stato recuperato dall'ente appaltante, ma lucrato dall'impresa appaltatrice». Intanto il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, esprime la sua «vicinanza» a David Piccinini e ai colleghi della struttura regionale: «Mi auguro che questa vicenda sia chiarita al più presto».
Federica Serfilippi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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