Covi di pusher e solai che crollano nel quartiere del restyling negato

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Giovedì 15 Novembre 2018, 05:05
IL CASO
ANCONA Prima il covo dei pusher scoperto in via Pergolesi, con il boss nigeriano che aizza un pitbull contro i poliziotti della Mobile e una ragazza di 22 anni trovata in condizioni quasi di schiavitù, costretta a concedersi in cambio di droga. Poi le quattro famiglie evacuate da una palazzina di via Marchetti, per il crollo di un solaio. Tutto avviene, in una settimana, nel recinto del maxi-condominio ex Erap di via Marchetti-via Pergolesi, 21 palazzine al centro di un progetto di lifting urbano e sociale ora fermo al palo per il blocco dei fondi del Piano delle periferie.
«Episodi come quello di martedì (il crollo del solaio, ndr) sono la prova provata che quei fondi erano più che necessari e urgenti e non fu uno sfizio inserire la riqualificazione del quartiere via Marchetti-via Pergolesi tra i progetti da finanziare», è il commento dell'ingegner Maurizio Urbinati, ora dirigente del presidio Erap di Ancona, ma due anni fa - quando vennero scelti i progetti da finanziare con il Bando periferie - assessore all'Urbanistica della giunta Mancinelli. L'investimento previsto per il restyling dell'ex Iacp (4,9 milioni in tutto) era coperto per più di tre milioni proprio dal contributo assegnato dal Mit nel Bando per periferie. Nell'ex quartiere ghetto delle casette sismiche, così conosciute perché vennero costruite dopo il terremoto del 30, abitano 140 famiglie, costrette da decenni a sopportare fogne che tracimano e strade allagate quando piove forte, rassegnate a muoversi tra cornicioni pericolanti e muri scrostati, lampioni rotti e aiuole brulle, muffa che annerisce le pareti. Famiglie spesso preoccupate per gli inquilini abusivi della porta accanto.
Gli investimenti privati
Molte di loro, ben 63, avevano accettato di mettersi intorno a un tavolo con Comune e Erap e accettare di investire i loro risparmi (o addirittura i soldi prestati dalle banche) in un progetto di riqualificazione edilizia dei loro caseggiati e delle aree comuni. Fino all'agosto scorso, prima che arrivasse la doccia gelata dell'emendamento al decreto Milleproroghe, pensavano di veder concretizzati entro il dicembre 2020 i rendering di progetti in cui condomini sembrano come nuovi, intonacati con vernici naturali del colore originario, con giardinetti che abbelliscono gli spazi comuni, luci a led nei lampioni, percorsi in travertino tra un palazzo e l'altro, le aree verdi rifiorite.
In quello spicchio di città, incastonato tra il Piano e la stazione, i lavori sarebbero dovuti partire nel marzo prossimo per concludersi in un anno mezzo.
«I progetti esecutivi sono stati approvati dal Comune all'inizio di agosto - riepiloga l'ingegner Urbinati - e sempre in quei giorni il Comune aveva presentato al Mit una richiesta di anticipazione del 20% dei fondi. Invece tutto si è bloccato e speriamo che il meccanismo si rimetta in moto a gennaio, come promesso dal Governo. Più si perde tempo, più le situazioni di questi palazzi peggiorano. In diversi edifici sono previsti, perché necessari, anche dei lavori di consolidamento delle coperture».
Anche se l'Erap, quando vengono segnalate situazioni critiche, cerca di tamponare senza aspettare i fondi del bando. «Nel caso della palazzina evacuata in via Marchetti 7/L - garantisce Urbinati - c'era stata una segnalazione e l'amministratore del condominio aveva già attivato un tecnico, intervenuto per una prima verifica della situazione». Ma certo un vero intervento complessivo di riqualificazione edilizia del quartiere si potrà avere solo quando arriveranno i fondi del bando periferie. «Non solo riqualificazione edilizia, ma anche sociale», precisa Stefania Gabbianelli, orafa di 47 anni, portavoce del super-condominio dell'ex Iacp, che al Periferia Pride del 31 agosto in piazza del Crocifisso gridò che senza quei fondi statali per il suo quartiere era come morire.
Obiettivo legalità
«Solo sistemando questi palazzi - dice ora -, solo illuminando meglio l'esterno e rinnovando gli spazi verdi si potrà alzare il livello della qualità della vita e della legalità, anche con un'anagrafe dei condomini che riesca a eliminare il fenomeno degli inquilini fantasma, come quelli scoperti in via Pergolesi dalla polizia. Ma abbiamo già perso sei mesi e ancora non sappiamo quando partiranno i lavori. Senza certezza sui fondi siamo come in una bolla di sapone: non sappiamo se potremo volare in alto oppure, se la bolla scoppia, precipitare giù». Nel quartiere intanto si sta organizzando un comitato. Non per protestare, ma per fare, in attesa dei cantieri. Presto ci sarà una prima riunione e intanto si raccolgono adesioni di volontari disposti a impegnarsi in attività di manutenzione di un'area estesa 15mila mq, come tagliare l'erba, raccogliere i rifiuti, sistemare i cestini e insegnare alle famiglie meno integrate come si fa la raccolta differenziata.
Lorenzo Sconocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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