CAMERINO
Il Papa con il caschetto della Protezione civile dentro il duomo. Il

3 Minuti di Lettura
Lunedì 17 Giugno 2019, 05:04
CAMERINO
Il Papa con il caschetto della Protezione civile dentro il duomo. Il Papa che ripete per 18 volte durante l'omelia la parola «speranza». Ma prima di predicare dall'altare di una piazza Cavour puntellata fino all'ultima crepa, entra nelle casette, asciuga le lacrime dei terremotati. Porta la speranza, fisicamente. E parla con i bambini come un nonno premuroso («mangiate eh, è importante») ma anche come un maestro elementare («Il terremoto fa pensare alle cose che cadono. Noi dovremmo lasciarle cadute o dobbiamo rialzarle?»).
Il bagno di caldo
È un bagno di caldo, una visita scomoda, faticosa, prima di tutto per il pontefice che, tirato in viso, tuttavia spalanca sempre il sorriso quando incontra la sofferenza di chi vive nelle casette «perché voi sapete bene cosa significa tribolare» dice a un certo punto dall'altare. E il silenzio sembra farsi anche più profondo. Non c'è il bagno di folla atteso, alle 9.45 ci sono 27 gradi di caldo secco e micidiale. Saliranno a 33 quando alle 14.33 Papa Francesco risale sull'elicottero che lo riporta in Vaticano. Camerino - se ancora c'è - è tutta in piazza, sgocciolata di sudore, 600 anime tra fedeli, coro (un po' arrivano dalla San Severino del cardinal Menichelli), autorità, sindaci del territorio e i malati, sempre in prima fila, tanto cari a Francesco.
L'attacco agli inconcludenti
A questa comunità striata più di nervi, ormai, che di sofferenza il Papa parla da psicologo, poi da parroco. Per 16 volte evoca i ricordi e quanto «è difficile liberarsi dai brutti ricordi, che lasciano malinconia e nostalgia». Si combattono con lo Spirito Santo - dice Francesco - che è «il ricostruttore della speranza, lo Spirito non toglie il peso a noi che vorremmo soluzioni rapide ma trasforma la memoria schiava in memoria libera»; «noi siamo tentati di fare i nidi intorno alle tristezze e alle paure, lo Spirito spazza via i nidi». Poi, infine, arringa con autorità e striglia duramente i due governi che non hanno saputo dare risposte a questo territorio. Monsignor Massara, arcivescovo di Camerino qualche minuto dopo l'Eucarestia, nel saluto da cerimoniale, parlerà di «terremoto delle promesse» difronte alla cecità di una calamità che ha tolto la vista di una vita normale alle famiglie.
Il cieco del Vangelo
Massara richiama il povero cieco del Vangelo, Bartimeo, sperando che la fede possa restituire luce e colori ai suoi fedeli ma riscontra, anche lui, che «la ricostruzione è stata ingabbiata dai lacci della burocrazia». Ecco allora Francesco che, nella terra delle macerie, raccoglie la sua pietra («mentre quaggù le cose si dimenticano troppo in fretta») e fotografa la verità con una asciutta carità («sono venuto semplicemente per stare vicino a voi, prego Dio perché susciti gesti di prossimita, sono passati tre anni, il rischio è che dopo il primo coinvolgimento emotivo e mediatico le promesse vadano a finire nel dimenticatoio»). In prima fila non ci sono parlamentari, sembra un'assenza rumorosa in realtà trattandosi di una visita privata non c'erano stati inviti. Il Papa voleva concentrarsi sulla gente e così è stato. La massima autorità di governo è il prefetto Rolli, quella tecnica è Cesare Spuri, il vertice dell'ufficio ricostruzione Marche. Il governatore Ceriscioli prende la palla al balzo («Abbiam visto, invece, con l'ultimo passaggio del decreto sblocca cantieri, che non viene sbloccato proprio niente»), il presidente del consiglio regionale Mastrovincenzo guarda positivo («Una giornata importante»). Ma, fondamentalmente, difronte a un Papa che fa i selfie con i bambini, questa non è una giornata per la politica. Ricordi, speranza, vicinanza. Nella solennità della Santissima Trinità, Francesco lascia sui tavoli asettici delle casette un triangolo di parole umanissime, un architrave di riparo dalla calura che attanaglia Camerino . Forse il crinale tra il prima e il dopo che polverizza un territorio non è più il 26 (o il 30) ottobre 2016 ma il 16 giugno 2019. O almeno, la speranza è che possa diventarlo.
Andrea Taffi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA