Al casello di Ancona Sud erano stati sequestrati 111 grammi di neve e un chilo di fumo destinato ai pusher catanesi

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Sabato 21 Ottobre 2017, 05:01
L'INDAGINE
ANCONA La droga di un clan camorristico napoletano arrivava in Vallesina a bordo di auto noleggiate e il conto al fornitore era saldato con carte prepagate, usando i dati di estranei che avevano smarrito la tessera sanitaria. Ogni settimana un corriere saliva dalla Campania con parecchia roba al seguito, più o meno un etto di cocaina e un chilo di hashish a trasferta. Fino al pomeriggio dell'11 novembre dell'anno scorso, quando i carabinieri del Reparto operativo di Ancona, guidati dal colonnello Americo Di Pirro, arrestarono Luigi Papa, napoletano di 49 anni, appena uscito dal casello autostradale di Ancona Sud, al volante di una Renault Twingo: sotto il sedile del lato passeggero nascondeva 111 grammi di coca e 1.027 di fumo, un carico da 20mila euro.
La piazza delle donne
Due mesi dopo quell'arresto, mentre Papa era rinchiuso a Poggioreale, gli venne notificata un'ordinanza di custodia cautelare in cui la Procura di Napoli lo accusava di far parte di un'organizzazione attiva nella piazza di spaccio più ricca di Napoli centro, quella di Supportico D'Astuti 28, chiamata piazza delle donne perché secondo gli investigatori era gestita da Giulia Elia, sorella minore di uno dei capi del clan Elia.
Blitz con 50 militari
Quasi un anno dopo l'arresto di quel corriere legato a un clan camorristico (anche se a Papa veniva contestata l'associazione semplice, non di stampo mafioso), i carabinieri della Compagnia di Ancona e la procura dorica finiscono il lavoro con quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, eseguite ieri all'alba alla fine di un'inchiesta che coinvolge in tutto 15 indagati. Più di 50 carabinieri sono stati impegnati per eseguire le quattro misure cautelari, chieste e ottenute dal pm Mariangela Farneti, e sette perquisizioni domiciliari tra Rosora, Ostra, Jesi, Monte Roberto, Cingoli, Napoli e Catania, nelle residenze degli indagati.
Si tratta del sequel dell'Operazione Damasco, che il 22 marzo 2016 aveva portato a dieci arresti (sette per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti) tra i componenti di un'organizzazione che smerciava droga tra le province di Ancona e Pesaro. Le figure di spicco di quella banda, secondo gli investigatori dell'Arma, erano due fratelli palermitani residenti a Cupramontana, ma il fornitore principale di cocaina, hashish e marijuana era un albanese. Già da quell'inchiesta però si capiva che c'era un secondo canale di approvvigionamento, per la rete intermedia di spacciatori locali. Così l'indagine era proseguita sotto traccia, trovando linfa dalle intercettazioni telefoniche, fino a scoprire che da Napoli continuava ad arrivare droga a pacchi, destinata in particolare alla Vallesina, dove operavano tre diverse reti di spaccio.
Tre reti per lo smercio
Quella operativa tra Maiolati, Rosora, Castelplanio e Monte Roberto, secondo gli investigatori, faceva capo a due fratelli catanesi residenti a Rosora (Mario Nicolosi, 42 anni, e Paolo Alessandro Nicolosi, 25), che avrebbero occupato il terreno lasciato libero dai palermitani dopo gli arresti dell'operazione Damasco. Entrambi sono stati arrestati ieri a Rosora su ordine del gip Antonella Marrone, mentre un nipote di 27 anni (A.S.) risulta indagato a piede libero. Il gruppo di Cupramontana, smantellato con l'Operazione Damasco, era formato soprattutto da palermitani, mentre la piazza di Jesi era rifornita da campani trapiantati in Vallesina e spacciatori locali. E quando il canale campano s'era interrotto con l'arresto di Luigi Papa al casello di Osimo, gli spacciatori locali - secondo quando emerge dall'inchiesta - cercarono un'altra sponda per rifornirsi di coca e hashish.