Welfare e previdenza, fondi chiusi e aperti alla ricerca di iscritti

Welfare e previdenza, fondi chiusi e aperti alla ricerca di iscritti
di Marco Barbieri
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 30 Settembre 2020, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 10:10
Il presidente di Assofondipensione, Giovanni Maggi, spera che alla prossima assemblea – prevista entro fine anno – il Governo possa annunciare di aver disposto un nuovo semestre di adesione ai fondi pensione negoziali attraverso la modalità del silenzio-assenso. Così come avvenne nel 2006. Un modo per vedere aumentare in maniera sensibile il numero di iscritti ai fondi, oltre i 3,2 milioni di lavoratori che oggi rappresentano un tasso di adesione assolutamente insufficiente per il sistema della “pensione di scorta”. La previdenza complementare – al netto dei Fondi pre-esistenti, cioè costituiti prima della metà degli anni Novanta, nelle aziende più grandi o più “protette”, come all’epoca gli istituti bancari e altre aziende di grandi dimensioni – ha bisogno di coinvolgere una platea ampia di lavoratori. Se ai Fondi chiusi si aggiungono le adesioni ai fondi aperti assicurativi e ai Pip, si arriva a stento ai 9 milioni di individui. Poco più del 30% dei lavoratori attivi. «Per sfondare queste soglie occorre innanzitutto una forte campagna di sensibilizzazione per promuovere il secondo pilastro. E questi compete allo Stato, al Governo, al Ministero del Lavoro» aggiunge Maggi. «Un nuovo semestre di adesione tramite il silenzio-assenso dei lavoratori contrattualizzati sarebbe utile, ma solo se ci fosse un’adeguata informazione» spiega Mario Vincenzo Cribari, presidente di Fondenergia. Concorda Massimo Giusti, presidente del Fondo Arco, quello dei lavoratori del legno: «Ci si preoccupa spesso, e a ragione delle carenze dell’educazione finanziaria nel nostro Paese, ma ancora peggio è il livello di conoscenza sul fronte dell’educazione previdenziale».


 

Le posizioni

Alla fine del 2019, il numero delle posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari si attestava a 9,1 milioni; la crescita nell’anno è stata di 393.000 unità (4,5%). «A tale numero di posizioni, che include anche quelle relative a coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,3 milioni di individui. I fondi negoziali registrano 159.000 posizioni in più (5,3 per cento), portandone il totale a fine dicembre a 3,161 milioni. Gran parte della crescita – si legge in una nota Covip, l’authority che vigila sul sistema della previdenza complementare in Italia - è appannaggio dei dieci fondi per i quali operano meccanismi di adesione contrattuale: il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile ha avuto l’incremento maggiore, seguito a distanza dal fondo territoriale per i lavoratori del Veneto e dal fondo destinato ai dipendenti pubblici; tuttavia, per quest’ultimo le adesioni rimangono modeste rispetto alla platea potenziale». Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,551 milioni di posizioni, crescendo di 89.000 unità (6,1%) rispetto alla fine dell’anno precedente. Nei PIP “nuovi”, il totale delle posizioni è di 3,419 milioni; la crescita annua è stata di 144.000 unità per un tasso di variazione (4,4 per cento) che segna un rallentamento rispetto agli anni precedenti. Nei fondi preesistenti le posizioni all’ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di settembre, erano 652.000.

La storia

La storia della previdenza complementare in Italia è ancora recente. E quando si confronta con le esperienze di molti Paesi europei ci si dimentica almeno di due fattori: in alcuni Paesi la previdenza di primo pilastro è finanziata dalla fiscalità generale; ma anche dove vige un sistema contributivo resta imparagonabile la percentuale di contributi obbligatori che in Italia è del 33%, spesso più della metà di quello che accade altrove. Meno contributi obbligatori più spazio alla contribuzione del secondo pilastro. «Vero, ma dobbiamo ricordare ai lavoratori che con il metodo contributivo per il conteggio della pensione di primo pilastro, il tasso di sostituzione è destinato a essere meno vantaggioso, quindi occorre porsi il problema di organizzare per tempo una pensione aggiuntiva» continua Maggi. Assofondipensione rappresenta i 31 Fondi pensione “chiusi” a cui possono aderire solo i lavoratori con i rispettivi contratti di categoria.
Più Fondi meno massa critica per gli investimenti. «Il tema della convergenza – considera Cribari – è uno dei più caldi. Occorre pensare a politiche di integrazione tra i fondi, per esercitare meglio l’attività di investimento anche rivolta all’economia reale». Una strada di convergenza è in atto.

I percorsi

Anzi ci sono aperti almeno due percorsi. Il primo potremmo definirlo “privatistico”, cioè affidato all’iniziativa dei singoli Fondi. «Un progetto in tal senso lo stiamo portando avanti con i fondi Concreto e Prevedi che con Arco costituiscono i comparti che coinvolgono tutta la filiera dell’edilizia» spiega Giusti. Analogamente si sta sviluppando da qualche anno il progetto Iride. Si tratta di un’iniziativa congiunta promossa dai fondi pensione Foncer, Fondenergia, Fondo Gomma Plastica, Pegaso e Previmoda finalizzata a realizzare un investimento nel private equity. Il progetto realizzato con il supporto di Prometeia Advisor Sim scaturisce da un percorso di approfondimento sugli investimenti alternativi, seguito da analisi che hanno evidenziato una persistenza di saldi previdenziali positivi nel medio periodo che rendono sostenibile il progetto, un miglioramento della redditività attesa e un apprezzabile contributo alla performance. L’obiettivo, in una fase caratterizzata da una bassa redditività prospettica, è quello di realizzare un’ulteriore diversificazione dei portafogli e delle fonti di rendimento finalizzata a consolidare il raggiungimento degli obbiettivi previdenziali degli aderenti. Ma sul fronte della convergenza è stata avviato lo scorso anno anche una strada di sistema. Come ricorda Giovanni Maggi «Cassa Depositi e Prestiti e Assofondipensione hanno avviato un progetto che mira ad attrarre maggiori investimenti nell’economia reale italiana. Tutti devono fare la loro parte per rivitalizzare l’economia del Paese. Non credo che oggi, a un anno di distanza dall’accordo per la costituzione di tre fondi di fondi, l’obiettivo venga meno perché sembra arrivare sul Paese una pioggia di investimenti attraverso il Recovery Plan. Anche il nostro patrimonio d 56 miliardi deve potersi rivolgere al mercato private, e non solo a quello dei titoli di debito e delle obbligazioni, pur sempre nella dovuta prudenza di un investimento previdenziale. Ma la vigilanza Covip è sempre attenta e ci conforta». L’obiettivo di raccolta dai fondi pensione è di almeno 500 milioni di euro, cui si aggiungerebbero anche le risorse che - coerentemente alla propria mission istituzionale - CDP potrà investire al fianco dei fondi pensione nella piattaforma gestita da FII Sgr.

Il mercato

È appena il caso di ricordare che i Fondi negoziali devono competere in un mercato sempre più agguerrito. Pur garantendo dei costi di gestione mediamente assai inferiori a quelli dei Fondi assicurativi, resta il fatto che la capacità di aggressione del mercato con i Pip e i Fondi aperti è assai efficace. C’è sempre più spesso un problema di adeguata comunicazione con gli iscritti. Comunicazione e trasparenza sono alcuni dei fattori che saranno sempre più importanti, con la direttiva europea Iorp2. «Dobbiamo essere sempre più confidenti con la digitalizzazione – commenta Cribari – soprattutto in un periodo in cui lo smart working sta diventando una modalità sempre più diffusa di lavoro. La presenza in azienda è meno frequente e i presidi tradizionali fisici sono destinati a dover essere integrati o sostituiti da stanze virtuali, da webinar, da momenti di incontro digitale. Io credo comunque molto nel passaparola, anche se in Rete». «Dal canto nostro – aggiunge Giusti – abbiamo recentemente rilasciato una App che consente agli iscritti di poter avere un aggiornamento continuo e in tempo reale della propria posizione previdenziale complementare. La intermediazione sindacale è sempre necessaria, ma la digitalizzazione deve diventare una opportunità fondamentale di comunicazione tra amministratori dei fondi e lavoratori, soprattutto nelle piccole e piccolissime aziende, dove la componente sindacale non c’è o è meno pervasiva». Ai fondi negoziali – conclude Maggi - «spetta il dovere di essere proattivi verso i loro iscritti e capaci di concorrenza sul mercato: all’orizzonte ci sono anche i Pepp, le forme di previdenza complementare europee che non si fermeranno ai confini nazionali». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA