Famiglia, in Cina stop alla violenza in casa: così si sostiene l'altra metà del cielo

Famiglia, in Cina stop alla violenza in casa: così si sostiene l'altra metà del cielo
di Michelangelo Cocco
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Mercoledì 28 Ottobre 2020, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 07:30

“L’altra metà del cielo” (così le donne vennero definite da Mao Zedong) nella Cina post-maoista, dove - seppur sullo sfondo di una società tradizionale - tutto cambia in continuazione, è un universo in evoluzione, fatto di contrasti stridenti. Le donne costituiscono il 48% della popolazione della Repubblica popolare cinese e l’articolo 48 delle Costituzione garantisce loro eguaglianza in tutti i campi: economico, politico, culturale. Solo che la Cina è un Paese enorme e il 40% dei suoi abitanti (551 milioni di persone) vive in aree rurali povere, dove spesso a vigere, di fatto, è il patriarcato. Secondo l’organizzazione non governativa Weiping (che collabora con le Nazioni Unite), dall’approvazione, il 27 dicembre 2015, della Legge contro la violenza domestica, a oggi, si sono registrati tre femminicidi ogni cinque giorni. Ma nel Paese che nel 2013 abolì la politica del figlio unico (causa di un numero imprecisato di infanticidi a opera di contadini che consideravano un peso una figlia femmina) oggi le studentesse delle famiglie facoltose vengono spedite in prestigiose università straniere proprio come i loro colleghi maschi, per rientrare poi in Cina e fare carriera. Come Meng Wanzhou, la donna a capo delle operazioni finanziarie del colosso tecnologico Huawei al centro dello scontro Cina-Stati Uniti, o come Hu Shuli, la battagliera giornalista d’inchiesta che guida l’autorevole quindicinale economico “Caixin”, o come Chai Jing, l’ex star della tv di stato CCTV che col suo documentario “Under the Dome” fece deflagrare il dibattito sulla catastrofe ambientale cinese.

LE STATISTICHE

Nel corso degli anni il governo ha varato un centinaio di leggi e regolamenti a tutela dei diritti delle donne, che rappresentano il 40% della forza lavoro. Eppure – denuncia un recente studio del Peterson Institute for International Economics - «la responsabilità della cura dei bambini che ricade sproporzionatamente sulle donne rafforza le pratiche discriminatorie nei loro confronti nel mondo del lavoro». E le statistiche ufficiali rivelano che all’interno del Partito comunista le donne sono scarsamente rappresentate: solo un quarto dei delegati all’ultimo Congresso nazionale; una decina sui 204 membri permanenti del Comitato centrale; solo una tra i 25 membri dell’Ufficio politico; mai nessuna nel Comitato permanente dell’Ufficio politico, i sette leader che, di fatto, governano il Paese. Il tema della diseguaglianza di genere è entrato prepotentemente nell’agenda politica. Xi Jinping ha reso noi i suoi “quattro punti”: minimizzare l’impatto sulle donne delle conseguenze del coronavirus; battersi per un’effettiva uguaglianza di genere; sradicare ogni forma di violenza e pregiudizio contro le donne; motivare e aiutare le donne a esprimere pienamente le proprie potenzialità.

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