Fuga dai banchi, anno zero a Napoli: «Il patto educativo al palo»

Fuga dai banchi, anno zero a Napoli: «Il patto educativo al palo»
di Mariagiovanna Capone
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Martedì 29 Marzo 2022, 23:42 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 09:43

Mentre Mario Draghi firma il Patto per Napoli, viene in mente un altro patto per la città, non meno urgente. È il Patto Educativo, riportato all’attenzione delle istituzioni da monsignor Domenico Battaglia a fine dicembre, dopo una serie di fatti di cronaca con protagonisti i minori. L’Arcivescovo di Napoli lo definì «una necessità, un’urgenza» per impegnarsi per «i bambini, i ragazzi e i giovani che sono la cosa più sacra di Napoli, una reliquia del suo futuro, il germoglio del suo presente, il bene più importante».

Un appello compreso e accolto dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che un mese dopo, in occasione della firma dell’«Accordo per la promozione e l’attuazione di un sistema di sicurezza partecipata e integrata per lo sviluppo della città di Napoli», annunciò «prossimamente organizzeremo un incontro anche con il ministro Bianchi.

Quello educativo è un patto che verrà fatto ed è necessario». L’incontro a tre non c’è mai stato e così il Patto Educativo, riproposto ormai periodicamente dalle istituzioni sembra essersi arenato tra i faldoni della burocrazia. 

In un incontro dello scorso dicembre al Duomo con istituzioni (presenti il sindaco Manfredi e l’assessore regionale Lucia Fortini) e tanti rappresentanti della scuola, del terzo settore e dell’associazionismo, don Battaglia sottolineò «la scia di sangue che ha attraversato la città, procurando la morte a delle giovani vite e terrore e angoscia a interi quartieri, strade, famiglie», richiamando l’attenzione sul bisogno di battersi contro l’emarginazione che «è un problema eminentemente culturale ed educativo» risolvibile solo con «l’obiettivo specifico del Patto Educativo» che «deve essere quello di promuovere quelle forme di accompagnamento, cura e partecipazione di ragazzi e giovani e delle loro famiglie, adeguate a contrastare il degrado umano conseguente alla condizione di emarginazione sociale e povertà economica e morale» ripartendo «dall’etica della cooperazione». 

Una proposta accolta da tutti che trovò nella ministra Lamorgese un forte interlocutore che nell’Accordo siglato il 19 gennaio con il prefetto di Napoli Claudio Palomba, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e il sindaco Manfredi, inserì nel documento un capitolo sostanzioso dedicato agli «Interventi in favore dei giovani: contrasto alla dispersione e abbandono scolastico, al disagio e alla devianza minorile» con un elenco di iniziative da intraprendere per arginare il problema dell’abbandono scolastico, tra i motivi che portano i giovani a avvicinarsi agli ambienti criminali. 

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L’ultima volta che si parlò di Patto Educativo per Napoli fu nel 2018 a Nisida, quando i consiglieri del Consiglio superiore della magistratura e i vertici degli uffici giudiziari, in occasione della visita del carcere minorile. C’è stato poi un incontro dell’ex ministra Azzolina con assessore regionale e dirigenti in cui ci sarebbero dovute pianificare progettualità essendo terminato Scuole Aperte d’Estate. In molti quindi si chiedono che fine abbia fatto il piano caldeggiato fortemente dall’arcivescovo Battaglia, sottoscritto dal Ministero dell’Interno e dal Comune di Napoli. Prima di mettere le basi per il Patto Educativo, la ministra promise un incontro con il cardinale e il collega dell’Istruzione Patrizio Bianchi, con cui pianificare la road map per gli interventi. 

 

Incontro che da gennaio a oggi non è ancora avvenuto, sebbene l’urgenza di attivarsi immediatamente fosse evidente. A restare immobile sulla questione pare sia il ministro dell’Istruzione, che interpellato su quanto fatto finora su dispersione, Piano Educativo e l’incontro con il cardinale, non ha fornito nessuna risposta. Forse bloccata dall’eventuale spesa, ma è anche vero che il numero uno del Viminale, nell’Accordo Sicurezza, segna a chiare lettere che se ne occuperà dopo la verificare della disponibilità di «ulteriori linee di finanziamento per la realizzazione di progetti di educazione alla legalità» affinché «bambini, ragazzi e giovani possano essere rimessi al centro delle politiche educative e del dibattito cittadino con un percorso condiviso capace di creare rete tra Istituzioni, Chiesa, Terzo settore, mondo dell’associazionismo e del volontariato». Il progetto, da parte dell’Interno insomma, è ben chiaro, ma finora ci è ignoto il coinvolgimento del ministero dell’Istruzione, partner essenziale nella lotta alla dispersione. 

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