La gogna del popolo del web
che nessuno sa più fermare

La gogna del popolo del web che nessuno sa più fermare
di ​Titti Marrone
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Mercoledì 14 Settembre 2016, 10:35
Dietro al suicidio di Tiziana Cantone, la ragazza di Casalnuovo ritratta mesi fa dal fidanzato in un video hot cliccatissimo su YouTube e impiccatasi ieri con un foulard, c’è una follia subdola e contagiosa. Nata dal narcisismo congiunto e sempre più diffuso di chi posta e di chi guarda. Con il secondo che può travalicare il primo e trasformarsi in ferocia assoluta, in nuova banalità del male via web. E certo, lei era stata consapevole di esser filmata, e sul momento aveva assecondato il suo fidanzato che, telefonino in pugno, la riprendeva e la chiamava come nessuno mai dovrebbe osare rivolgersi a una donna ma come può anche succedere nelle tenzoni erotiche. E sì, Tiziana aveva a sua volta scaldato il gioco, condendolo con esplicite descrizioni di propositi sessuali imminenti. Aveva anche detto «stai girando? bravo», ma non poteva immaginare che quella frase, sottratta a un momento da non esibire, sarebbe rimasta inchiodata alla sua faccia, al suo nome e alla sua identità, fino a diventare un tormentone insopportabile e a renderle la vita impossibile. Suscitando entusiasmi conditi con incitamenti, «like» e commenti innumerevoli postati perfino a firma di qualche celebrity calcistica che non ci si sarebbe aspettato.

Dopo, Tiziana Cantone si era pentita, e mille volte, per quello che poteva restare un gioco privato ma era rimbalzato prima su un gruppo ristretto su WhatsApp, per poi sbarcare su Facebook, Twitter e infine sfociare nel gran mare di Yahoo Italia, Google e infine YouTube. Ma le parodie a volte anche spiritose, sbocciate in rete insieme alla banalità dei commenti malvagi e agli stupidi pollici alzati, non sono serviti a stemperare la crudezza del messaggio, piovuto addosso a Tiziana riducendola a carne viva, esponendola a fustigazioni tremende elargite da conoscenti e da ignoti. In una gogna mediatica che la ragazza di Casalnuovo aveva tentato di smorzare, rifugiandosi in Toscana chiedendo e ottenendo di cambiare nome, affidando a un avvocato la richiesta di un provvedimento d’urgenza per rimuovere dal web quelle immagini in nome del diritto all’oblio. E per un ordine venuto qualche giorno fa dal giudice Monica Marrazzo, i video dovevano essere cancellati, perché gravemente lesivi della sua identità.

Ma nelle more della rimozione, più rapidi dell’atto di chi avrebbe dovuto cancellarli sono piovuti altri insulti, proteste per il «divertimento» sul punto di essere negato. Sul necessario intervento che il giudice aveva decretato è prevalsa invece la ferocia vigliacca di chi predilige la comoda e magari anonima postazione dell’online perenne che consente di spiare comodamente le vite degli altri senza l’imbarazzo del confronto, senza la responsabilità della relazione umana. Distruggendo una vita, spingendo all’atto estremo del suicidio perché è andata in pezzi una reputazione o, come diremmo oggi, l’immagine di una ragazza che forse giocava con il web perché così fan tutti e si lasciava andare, senza troppo pensarci, al sexting tanto cool, che nella neolingua del web designa l’attività di chi posta e di chi guarda «video o foto contenenti messaggi sessualmente espliciti e/o immagini inerenti al sesso, principalmente ottenute tramite telefono cellulare». Senza immaginare i lupi in agguato dietro un video intenti in solipsistiche navigazioni in rete alla ricerca di emozioni hot che per lo più non sanno vivere.
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