Ucraina e Russia: oggi riparte la trattativa, la Cina fa pressing per la pace. Equidistanza di Erdogan: no a sanzioni

Kiev chiede l'intervento di Pechino, che è il suo primo partner economico

Ucraina e Russia: oggi riparte la trattativa, la Cina fa pressing per la pace. Equidistanza di Erdogan: no a sanzioni
Ucraina e Russia: oggi riparte la trattativa, la Cina fa pressing per la pace. Equidistanza di Erdogan: no a sanzioni
di Marco Ventura
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 00:17

Scende in campo la Cina e sorprende tutti. Invece di schierarsi al fianco della Russia, come la comunità internazionale si aspettava dopo la stretta di mano del 4 febbraio tra Putin e Xi Jinping e la firma del più imponente accordo di cooperazione tra i due Paesi, adesso Pechino mette tutto il suo peso per una possibile mediazione tra Kiev e Mosca. E si candida al ruolo di paciere dall’alto della sua potenza. Alla vigilia del secondo round di negoziati tra russi e ucraini, previsto oggi, il ministro degli Esteri di Kiev, Dmitro Kuleba, ha telefonato al suo omologo cinese, Wang Ji, chiedendogli di «usare il livello delle sue relazioni con la Russia per porre fine all’aggressione armata». Si aspetta «con impazienza una mediazione cinese per il cessate il fuoco». Anche Erdogan fa sentire la sua voce: «La Turchia non prevede di imporre sanzioni contro la Russia per tenere aperto il canale del dialogo con Mosca».


LE DISTANZE


Nei giorni scorsi c’era stata un primo segnale, quando la Cina si era astenuta all’Onu sulla mozione che condannava l’invasione russa, invece di votare contro, insieme a Mosca. Wang Ji va oltre. La posizione cinese, «aperta, trasparente e coerente» è, come «abbiamo sempre sostenuto, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi». Altro che annessione di Crimea e Donbass. Non smentisce, il ministro di Pechino, la convinzione che la Russia abbia «ragionevoli motivi» di preoccuparsi per la propria sicurezza, ma dice di «deplorare lo scoppio del conflitto e i danni ai civili». Aggiunge che «la sicurezza di un Paese non può essere a scapito della sicurezza di altri». E la sicurezza regionale «non si raggiunge espandendo i blocchi militari». Un colpo alla Nato e un colpo a Putin. Ora la massima priorità è «alleviare la situazione, evitare che il conflitto si intensifichi o sfugga di controllo, per prevenire danni ai civili e crisi umanitarie». 


IL FRONTE COMUNE


Parole che devono far riflettere Putin anche più del trattamento riservato al suo ministro degli Esteri, Lavrov, intervenuto ieri (da remoto) alla Conferenza dell’Onu sui diritti umani a Ginevra, con una platea deserta perché quasi tutti sono usciti per non ascoltarlo. In realtà, il supporto della Cina è fondamentale per Mosca, se vuole limitare i danni delle sanzioni occidentali con accordi sulle risorse e prestiti delle grandi banche cinesi, come dopo l’annessione della Crimea nel 2014, e magari attraverso la ciambella di salvataggio dalla forzata uscita da Swift, il sistema per le transazioni internazionali. Cips, l’alternativa cinese, non è però ancora in grado di sostituirsi al Swift. Nella dichiarazione congiunta di febbraio si leggeva «non ci sono limiti né aree proibite alla cooperazione tra Cina e Russia», ma con l’attacco all’Ucraina lo scenario si è complicato.

Pechino vede un rischio di instabilità che potrebbe render meno fluida la Via della Seta che collega la Cina all’Europa, e la Cina è comunque il primo partner economico dell’Ucraina. Quella di Pechino con Kiev è una relazione «strategica». La Cina continua sì a evitare di definire «invasione» l’aggressione russa, ma anche per questa sua equidistanza Xi Jinping, più di Macron, potrebbe rivelarsi il leader in grado di convincere Putin a fermarsi e negoziare una “dignitosa” conclusione della sua sanguinosa avventura militare. 

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