Ucraina, «Noi, ragazzi di Kiev tra chat e molotov nei rifugi anti-bombe»

Ucraina, «Noi, ragazzi di Kiev tra chat e molotov nei rifugi anti-bombe»
di Marco Ventura
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 06:48 - Ultimo aggiornamento: 18:38

I ragazzi e le ragazze di Kiev, giovani ventenni o poco più che conoscono l'Europa, il mondo, hanno studiato all'estero, amano viaggiare ma restano legati al loro paese, alla nostalgia della famiglia, della lingua, come i nostri ragazzi italiani. Come i nostri figli. E adesso si trovano in Ucraina, accanto ai nonni, ai genitori, ai cugini. Nei rifugi. Sotto le bombe. Proiettati in una manciata di ore indietro nella Storia. C'è Artur, che appena può accendere il cellulare manda pezzi di messaggi, semplici, concitati. Sa che le piazze europee sono piene di bandiere ucraine. «Il nostro popolo vi ringrazia, c'è bisogno di sanzioni, di bandire il swift, di chiudere lo spazio aereo, almeno questo. Noi faremo il resto. Vogliamo essere parte dell'Unione Europea, siamo europei». Piovono le bombe. «Siamo motivati, anche i senzatetto aiutano, raccolgono bottiglie per le molotov, ci stiamo preparando, non abbiamo paura». È notte piena quando i russi colpiscono un deposito di petrolio alle porte di Kiev. «È una catastrofe, la puzza arriva fin qui». Alle 4 arrivano voci di uno sfondamento dei russi. «Siamo pronti a combattere, siamo uniti, non abbiamo paura di nulla, ci aiutiamo l'un l'altro per il cibo, portiamo le medicine ai soldati. Prenderemo insieme il caffè a Kiev, te lo prometto».

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LE VOCI
Sofia, 25 anni come Artur, è in un villaggio a 200 chilometri da Kiev.

Ha scritto ai suoi amici in Gran Bretagna dove si è laureata e dove oggi avrebbe dovuto affrontare il suo primo giorno di lavoro, a Londra. «Grazie per l'immenso, indescrivibile amore e supporto di questi giorni. Oggi, per la prima volta, ho capito cosa si prova a cercare rifugio sottoterra da un attacco aereo». È tutto nuovo per lei. «I razzi su obiettivi civili, i parà che si lanciano E tutto dal più grande Paese del mondo. Non bastano le parole. Come può essere che qualcuno decida di cancellare' un altro Paese sovrano nel mondo moderno». Sofia conosce i classici, cita Tucidide senza nominarlo: «Il forte fa quello che può e il debole fa ciò che deve». I suoi amici in Russia, scrive, si sentono «impotenti, scioccati, si scusano». È la rete mondiale dei ragazzi. Quelle due ore di missili sono state un brusco risveglio. «Esplosioni ogni dieci secondi, noi sottoterra. Non pensavo che Zelensky fosse così coraggioso, è bello che sia rimasto con noi, che abbia rifiutato l'offerta di andare negli Stati Uniti. La resistenza qui è fortissima. Faremo di tutto per vincere, questo è il nostro Paese ed è giusto che sia così, perché nel Ventunesimo secolo deve valere il concetto di sovranità». I suoi futuri datori di lavoro sono stati «fantastici, mi hanno dato tutto il supporto fin dall'inizio, non mi hanno costretto a partire a costo della mia sicurezza, mi aiuteranno per il visto e mi pagheranno il viaggio se dovrò andare via terra attraverso la Polonia». La rete. L'Europa.

 

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