Ucraina, cosa sarà delle persone in fuga dalla guerra? Rifugiati, protezione temporanea: tutte le differenze

Ucraina, cosa sarà delle persone in fuga dalla guerra? Rifugiati, protezione temporanea: tutte le differenze
Ucraina, cosa sarà delle persone in fuga dalla guerra? Rifugiati, protezione temporanea: tutte le differenze
di Giampiero Valenza
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Martedì 1 Marzo 2022, 15:32 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 09:08

Le persone che sono in fuga dal conflitto tra Russia e Ucraina potrebbero beneficiare di un particolare status: quello di rifugiato o altre forme di protezione internazionale (protezione sussidiaria o permesso di soggiorno per casi speciali). Ma c’è anche un altro sistema di protezione mai attuato in Europa che potrebbe essere messo in pratica per la prima volta in questo caso: quello della “protezione temporanea”. È un provvedimento che venne definito nel 2001 in caso di arrivo massiccio di flussi di cittadini di paese terzo nell’Ue che non possono entrare nel loro Paese per violenze o violazioni dei diritti umani.

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<h2>Protezione temporanea</h2>

«La direttiva 55 venne introdotta a causa del conflitto nell’ex Jugoslavia, ma non venne mai attuata – spiega Paolo Iafrate, docente di Regolamentazione nazionale ed europea in materia di immigrazione all’Università degli Studi Roma Tor Vergata, componente del comitato strategico del Creg (Centro di Ricerche Economiche e Giuridiche) – Dispone che nel caso in cui ci siano flussi migratori con sfollati che non possono entrare nel loro Paese, per evitare di porre in sovraccarico il sistema di asilo europeo in situazioni di emergenza, c’è la possibilità di beneficiare di una protezione temporanea della durata di un anno e prorogabile fino a due.

Rispetto allo status di rifugiato questa è immediata e non prevede l’iter di esame della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale insediata presso la Prefettura quale autorità competente all'esame delle domande di protezione internazionale, precedentemente formalizzate presso gli uffici della polizia di frontiera o presso le questure. Basta un documento che attesti la nazionalità, quindi, un passaporto o documento equivalente. Nel frattempo queste persone potranno anche richiedere lo status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale che verranno esaminate alla scadenza della protezione temporanea».

«Per ottenere questo status di protezione europea mai attuato finora, è necessario che ci sia una decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione europea circa l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata dagli Stati membri».

Lo status previsto dalla Direttiva europea permette di esercitare un’attività di lavoro subordinata o autonoma, di poter avere un’abitazione, di ricevere l’assistenza sociale, le cure mediche e, per i minori di 18 anni, di poter andare a scuola. Lo status di rifugiato (previsto dalla Convenzione di Ginevra), permette invece che dopo 5 anni si può fare anche una istanza per l’ottenimento della cittadinanza per naturalizzazione.

Nel caso in cui l’Europa non dovesse attivare lo status di protezione previsto nel 2001, rimarrebbe la possibilità di ottenere quello di rifugiato o altra forma di protezione internazionale. «Il riconoscimento è promosso a seguito di una specifica istanza non appena si arriva in un Paese membro dell’Ue – prosegue Iafrate – Si compila un documento e viene dato un permesso di soggiorno come richiedente asilo, della durata di 6 mesi. Dopo 60 giorni si può lavorare. In Italia ad esaminare la domanda è la Commissione territoriale che decide se riconoscere o meno lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria o altra forma di permesso di soggiorno. Mentre nel rifugiato c’è la persecuzione per sesso, lingua, religione, razza, orientamento politico o condizioni sociali, la protezione sussidiaria viene prevista per chi, tornando nel Paese d’origine, potrebbe subire un grave danno come una condanna a morte, una tortura o minacce derivanti da conflitti armati».

Nel 2008 l’Ue ha emanato anche una specifica direttiva, la “Rimpatri”, nella quale ha previsto una particolare forma di protezione. «In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare; tanto più che per quanto riguarda l’Italia l’art. 20 del Testo unico sull'Immigrazione prevede che il Governo ha la discrezionalità di adottare misure straordinarie di accoglienza a fronte di eventi eccezionali che comportano rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolari gravità verificatisi in paesi non appartenenti all’Unione Europea - conclude Iafrate – Anche questa può essere una soluzione immediata che possono portare avanti tutti i Paesi membri dell’Ue».

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