Ucraina, tra i combattenti di Dnipro. Trincee, molotov, barricate: «La tomba degli invasori»

La città si prepara all’assalto dei russi. «C’erano degli infiltrati, li abbiamo presi»

Ucraina, tra i combattenti di Dnipro. Trincee, molotov, barricate: «La tomba degli invasori»
Ucraina, tra i combattenti di Dnipro. Trincee, molotov, barricate: «La tomba degli invasori»
di Cristiano Tinazzi
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Martedì 1 Marzo 2022, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 15:14

Gli allarmi aerei arrivano improvvisi, sirene che squarciano l’aria e che riportano a tempi lontani, tornati alla memoria dai racconti fatti dai nostri nonni. Racconti della Seconda Guerra mondiale. Sirene che interrompono la vita di tutti, la congelano. Resti in attesa. Secondi, minuti, nascosto in un seminterrato, dentro un teatro, in un deposito. Il primo allarme della giornata, qui a Dnipro, arriva intorno alle dieci del mattino. In un supermercato, tutti i clienti si muovono velocemente per raggiungere un luogo protetto. Le ragazze del bancone alimentari si precipitano ancora con la cuffietta in testa, clienti, cassiere, magazzinieri. Tutti aspettano. Si parla, si scherza anche, per allentare la tensione. Una signora parla italiano. Non è difficile trovare ucraini che sono stati in Italia. La loro è una delle comunità straniere più importanti nel nostro paese. Dopo una ventina di minuti si torna tutti fuori. C’è chi fuma e sorride nervoso, chi torna alle sue cose, sperando di non interromperle nuovamente.

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I viali principali intorno al Raket park e in altre zone della città si riempiono di cavalli di frisia, blocchi di cemento, uomini armati. La città si sta militarizzando e tutti qui aspettano. Dnipro si sta armando. “Se i russi arrivano? abbiamo un sacco di drink di benvenuto per loro, proprio tanti”, dice Sasha Shakirov, ex bancario, poeta, membro di un collettivo artistico che si riunisce all’interno della Casa dell’arte di Dnipro. I drink si chiamano molotov e fanno molto male. Armi da guerriglia urbane che, sapientemente preparate, distruggono i motori diesel dei blindati e dei carri. Qui circa duecento persone stanno portando all’interno di un ex cinema degli anni ‘30 ogni tipo di materiale: coperte, cibo, pile, scorte di acqua in caso di interruzione della fornitura idrica, aiuti per i rifugiati ma anche per i volontari, civili che si sono arruolati nelle unità di difesa territoriale e per i militari. “Qualsiasi cosa utile per difendere la propria patria. «Non esiste destra o sinistra - spiega un ragazzo - non esistono divisioni politiche quando devi difendere il tuo paese. Qui tutti lavorano senza sosta. Le persone in questa città parlano russo, non hanno mai parlato ucraino eppure si sentono ucraine e quel dittatore pazzo a Mosca lo deve capire. Il potere e la volontà del popolo ucraino non verranno mai piegati. Qui gli invasori troveranno la loro tomba». Poco distante, un uomo urla al megafono davanti a una folla. «Non portate più niente oggi, il deposito è pieno, non riusciamo più a tenere niente dentro, tornate domani». Il piazzale antistante al centro di raccolta è pieno di casse con migliaia di bottiglie. Poco più in là decine e decine di taniche di benzina. L’occorrente per preparare bombe molotov. «Ieri ne abbiamo fabbricate almeno tremila, ma non le facciamo qui, qui prepariamo tutto il materiale e poi lo dividiamo e lo portiamo in luoghi segreti dove confezioniamo le bombe», dice un ragazzo. 

Masha e Polina hanno sedici anni. Si fanno fotografare dietro a questo sfondo di armi letali. Masha vuole diventare attrice e Polina già dipinge, vuole fare l’accademia di belle arti, finito il liceo. Sorridono davanti all’obbiettivo mentre gridano «Slava Ukraini». Altri rispondono «Heroiam slava» gloria agli eroi. 
Bogdan, invece, ha otto anni e sta sfregando dei pezzi di polistirolo contro una cassetta di plastica della frutta, per ridurlo in minuscoli pezzi da infilare poi nelle bottiglie.

Per trasformarle in qualcosa di molto simile al Napalm. Con lui un professore delle scuole medie: «Io e la mia famiglia siamo qui - dice - per difendere la nostra città. Non ho mai preso un’arma in mano, ma se è necessario lo farò». 

L'alta tensione

La tensione in città sale proporzionalmente al numero di allarmi antiaerei che ormai sono colonne sonore presenti nella vita dei tutti. Olga ha vissuto tre anni a Messina. Ha gli occhi azzurri e i capelli neri, un fisico minuto e il sorriso sempre dipinto sul suo volto. Mostra una foto sul cellulare. Sono i suoi due figli. Uno dei due è in mimetica. «Io so dove si trova mio figlio, so cosa sta facendo e il perché lo sta facendo, per questo non sono preoccupata. I russi invece non lo sanno dove sono i loro figli e che moriranno su questa terra». 

Un gruppo di civili sta riempiendo di terra dei sacchi bianchi. Li sistemano uno sopra l’altro, poi posizionano una intelaiatura di legno per costruire una feritoia. Dnipro lentamente diventa una macchina da guerra. La polizia è nervosa, qui si teme l’infiltrazione di gruppi di sabotatori russi o provenienti dalle aree del paese sotto controllo dei separatisti. Due infiltrati, travestiti da operai della società elettrica sono stati presi in centro e portati in un posto di polizia. «Li abbiamo presi qui vicino» racconta Andrii, un veterano della guerra del Donbas. «Sono stati fortunati perché non avevo con me la mia pistola, altrimenti li avrei ammazzati». Dnipro si prepara alla guerra. Casa per casa, strada per strada. I russi non sono lontani.

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