Ucraina, Kirill, il bimbo ucciso dalle bombe a 18 mesi. Di Maio: «Un'altra famiglia distrutta»

La disperazione dei genitori e il pianto del medico che non è riuscito a salvarlo

Kirill, il bimbo ucraino ucciso dalle bombe a 18 mesi. Di Maio: « Un'altra famiglia distrutta»
Kirill, il bimbo ucraino ucciso dalle bombe a 18 mesi. Di Maio: «​Un'altra famiglia distrutta»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 6 Marzo 2022, 20:13 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 10:35

Kirill aveva 18 mesi ed è morto sotto i bombardamenti a Mariupol, nel sud est dell’Ucraina. Un’invasione militare che non risparmia i bambini, decisa da un potente signore di 70 anni in un palazzo a Mosca, a più di 1.200 chilometri, lo ha ucciso. Non gli ha consentito di avere una vita. La foto del suo corpo, protetto da una coperta celeste, i genitori in lacrime che lo stringono, è uno dei tanti simboli dell’orrore di questa aggressione militare. Ma c’è un’altra foto, scattata poco dopo, che va osservata: mostra un medico dell’ospedale, in ginocchio, in lacrime, perché non è riuscito a salvare il bambino, perché forse non riuscirà a salvarne altri, perché forse non riuscirà a salvare se stesso.

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INNOCENTI


I numeri sono freddi e faticano a spiegare il sangue e il dolore, non mostrano i sorrisi dei più piccoli che non ci sono più, che non potranno più andare all’asilo, che non impareranno più a leggere sui banchi di scuola, che non terranno più per mano i genitori. Saranno solo una foto su una lapide e il ricordo di chi sopravviverà. I numeri dicono che dall’inizio dell’invasione voluta da Putin sono morti in Ucraina 38 bambini, 71 sono rimasti feriti. Lo ha spiegato Lyudmyla Denysova, incaricato per i diritti umani del Parlamento ucraino. Secondo le Nazioni Unite sono 7,5 milioni i bambini in pericolo oggi; secondo Save the Children già 400mila, il 40 per cento dei profughi, ha affrontato viaggi interminabili, in condizioni disperate, insieme ai familiari, fino ai confini con la Romania, Polonia, Moldova, Ungheria, Slovacchia e Lituania in quella che «potrebbe diventare la più grande crisi di rifugiati in Europa di questo secolo». Dicono a Save the Children: questi 400mila bambini rischiano «la fame, la malattia, la tratta e gli abusi».

Non ci sono solo i piccoli morti e feriti, ci sono i tantissimi strappati dalla loro vita normale, che si ritrovano ora in qualche campo profughi in un Paese straniero.


Ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha voluto ricordare Kirill. Ha scritto su Facebook: «In un bombardamento a Mariupol Marina e Fedor hanno perso il loro figlio Kirill di soli 18 mesi. I medici hanno provato a salvarlo ma non c’è stato niente da fare. Un’altra famiglia distrutta, un altro essere umano strappato alla vita. A distruzione e morte si aggiunge altra distruzione e altra morte. Guardare certe immagini fa male, ma girarsi dall’altra parte non è la risposta. Questa guerra va fermata subito: stop alle bombe, è la cosa più urgente adesso. Sono giornate drammatiche, al fianco del popolo ucraino».


SANGUE


Sono giovanissimi Marina e Fedor Yatsko. Corrono, entrano nell’ospedale di Mariupol, hanno con loro un bimbo, avvolto in una coperta, urlano, chiedono aiuto, perché il piccolo è rimasto ferito. La maglietta grigia di Marina è sporca di sangue. I medici intervengono, ma non c’è la corrente elettrica, manca tutto, per visitarlo usano la torcia di uno smartphone. Provano a mettere una maschera di ossigeno al piccolo, a usare il defibrillatore, la mamma urla «perché, perché», il compagno l’abbraccia ma non ha una risposta, non c’è una risposta. Kirill muore. Un bravo fotografo dell’Ap ferma quelle immagini, non lo bloccano perché tutti sanno che è importante non dimenticare; qualcuno dice «falle vedere a Putin, quelle foto»; uno dei medici si accascia, la testa tra le braccia, le energie che ha speso, fino all’ultimo, per salvare Kirill sono svanite. Mariupol era la città che doveva essere evacuata, grazie ai corridoi umanitari, ma la Russia non ha rispettato il cessate il fuoco. Il bimbo di Mariupol è stato preceduto da altre fotografie. C’è ad esempio quella di Polina, 10 anni: l’auto su cui viaggiava, per fuggire insieme alla famiglia, è stata colpita da alcuni proiettili. Nei giorni successivi, è morto anche il fratellino, Semyon, cinque anni.
 

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