L'Ungheria torna a mettersi di traverso sulle sanzioni Ue alla Russia. E stavolta, dopo le concessioni sul petrolio, vuole escludere il patriarca ortodosso Kirill dalla black list. Sembrava tutto fatto, e invece la saga del sesto pacchetto di misure che ha tenuto le cancellerie europee con il fiato sospeso per quasi un mese ha offerto un inatteso finale di stagione.
La riunione
Ieri, nel giorno in cui la riunione ordinaria del Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti dei Ventisette a Bruxelles, avrebbe dovuto mettere il sigillo formale sul nuovo pacchetto contro Mosca validato nella notte tra lunedì e martedì dal summit dei leader - e che contiene pure una stretta contro le banche -, si è registrato un nuovo intoppo.
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Nel giorno in cui Budapest è tornata a tirare la corda, la spaccatura nell'Europa orientale un tempo piuttosto coesa, messa a nudo dalla guerra, è apparsa ancora più evidente, visto che la Polonia ha ottenuto invece l'approvazione da parte della Commissione del suo Recovery Plan dal valore di quasi 36 miliardi di euro, bloccato da un anno - al pari di quello ungherese - a causa del braccio di ferro sullo stato di diritto. Ma dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, Varsavia e Bruxelles si sono molto ravvicinate, con la Polonia che è diventata il principale Paese di accoglienza dei rifugiati e tra i più attivi sul fronte delle sanzioni. La svolta, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen attesa oggi a Varsavia, è arrivata in seguito all'adozione, da parte della Camera bassa del Parlamento (e quindi non ancora definitiva), di una legge che abolisce la sezione disciplinare della Corte Suprema, al centro del conflitto con Bruxelles. La mancata sospensione delle attività dell'organo, ordinata dalla Corte di Giustizia Ue, era valsa a Varsavia una multa giornaliera da un milione di euro che aveva infiammato i toni con Bruxelles.
Il via libera
Il via libera al Pnrr polacco «è legato a chiari impegni del Paese sull'indipendenza della magistratura, che dovranno essere rispettati prima di poter effettuare qualsiasi pagamento», ha precisato von der Leyen. Ma sul punto la presidente si è scontrata con due dei suoi tre potenti vice: l'olandese Frans Timmermans e la danese Margrethe Vestager hanno infatti votato contro la decisione, echeggiando l'opposizione di vari altri commissari, in particolare quelli che più da vicino hanno seguito il dossier stato di diritto. Il Consiglio ha adesso quattro settimane per l'adozione definitiva.