Un'alleanza «d'acciaio, senza limiti». Così Vladimir Putin e Xi Jinping avevano definito il rapporto tra Russia e Cina prima dell'attacco all'Ucraina. Adesso, superata la boa dei 100 giorni di conflitto, Pechino è ancora incondizionatamente disposta ad accogliere le crescenti richieste di Mosca per rompere l'isolamento economico e commerciale imposto dalle sanzioni dell'Occidente? Non proprio, anzi si vedono crepe secondo un reportage del Washington Post che cita fonti anonime ed elenca i grandi affari che la Cina continua a fare con Mosca e quelli che invece evita su indicazione di Xi: «Aiutiamo la Russia, ma senza violare le sanzioni». In un paio di occasioni, non meglio specificate, le richieste russe sarebbero state «frustrate» dal diniego cinese e avrebbero prodotto «tensioni» tra Mosca e Pechino.
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IMPEGNI PRECEDENTI
I colloqui riguardavano il mantenimento di «impegni commerciali» precedenti all'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio, e il sostegno finanziario ed economico complicato da sanzioni via via più stringenti.
Secondo il portavoce dell'Ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu, per molto tempo «Cina e Russia hanno mantenuto una normale cooperazione nei settori economico, commerciale e dell'energia. Il problema non è chi aiuterà la Russia ad aggirare le sanzioni, ma il fatto che i normali scambi economici e commerciali Russia-Cina sono stati danneggiati in modo non necessario». La guerra in Ucraina è «lose-lose», cioè «perdono tutti», il che determina un generale «peggioramento dell'economia globale». Che la Cina vorrebbe evitare. Al tempo stesso, Pechino non ha intenzione di tradire l'imperativo strategico dell'alleanza con Mosca, ribadita in questi giorni dai ministri degli Esteri dei due Paesi, che hanno espresso la volontà di essere uniti per affermare nel mondo una «democrazia reale» opposta all'egemonia occidentale.
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PROBLEMI IN QUOTA
Eppure, è dell'altro ieri la notizia del rifiuto di autorizzare l'ingresso nello spazio aereo cinese di vettori di linee aeree russe in leasing, di proprietà occidentale. Si tratta della quasi totalità dei vettori, che Putin ha cercato di ripulire ordinando di ri-registrarli in Russia (con potenziale perdita di miliardi di dollari per le compagnie europee), ma la Cina non si è prestata e ha chiesto di dimostrare che prima ci fosse stata una de-registrazione nei Paesi di origine. Inoltre, ieri il Commissario Ue al Commercio, Valdis Dombrovskis, ha definito «ambiguo» il posizionamento cinese rispetto all'invasione dell'Ucraina, il che «segna il nostro rapporto con Pechino». La Cina non ha nessun interesse a compromettere i propri affari con l'Occidente, considerando anche (sottolinea il segretario di Stato Usa Blinken) che ben 7800 aziende hanno già lasciato la Russia. Il Wp cita il direttore dell'Asia Program al German Marshall Fund degli Stati Uniti, Bonnie Glaser, per il quale la speranza di Usa ed Europa «è che la Cina sia costretta a scegliere tra Russia e Occidente, e che farà la scelta giusta».