Riaperture dal 1° luglio: sì ai voli dalla Cina, no Usa e Brasile. Spunta l'ipotesi quarantena

Riaperture dal 1° luglio, Ue verso il no a Usa e Brasile. Ma spunta l'ipotesi quarantena
Riaperture dal 1° luglio, Ue verso il no a Usa e Brasile. Ma spunta l'ipotesi quarantena
di Giuseppe Scarpa
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Domenica 28 Giugno 2020, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 13:46

Usa e Brasile vanno verso il no della Ue. È molto probabile che dal primo luglio l'Europa, quando si aprirà a diversi Paesi stranieri, congeli la posizione del gigante sud americano e degli Stati Uniti. Questo ciò che filtra dalla riunione degli ambasciatori di tutti e 27 i Paesi membri che ieri si sono incontrati a Bruxelles. Troppo alto il tasso di contagio per aprirsi a Washington e Brasilia. Ad ogni modo non si tratta di una chiusura totale: nel caso i turisti americani e brasiliani vogliano ugualmente venire dovranno sottoporsi alla quarantena (14 giorni). Regola che varrà anche per gli altri Stati con livelli elevati di diffusione del Covid-19.
Diversa la posizione della Cina. Pechino, infatti, vanta un numero di positivi che cresce meno rapidamente. Tuttavia in Europa si valuta la questione di opportunità. Insomma più che affidarsi ad un criterio epidemiologico si riflette a non incrinare i rapporti delicati con la Casa Bianca: dire sì al Gigante asiatico e no agli Usa, verrebbe vissuto come uno sgarbo dall'altra sponda dell'Atlantico. Tuttavia non c'è ancora una comunicazione ufficiale. Molto probabilmente si arriverà ad avere la famosa lista dei Paesi ammessi solo domani.

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I DATI EPIDEMIOLOGICI
Ciò che invece è stato messo a punto dagli ambasciatori degli Stati membri è lo strumento da impiegare per selezionare le nazioni che potranno di nuovo volare verso l'Europa. Per rientrare nella categoria di zona sicura è necessario che il tasso dei nuovi casi di coronavirus resti al di sotto, o almeno non superi, quello della media europea, ossia 16 su 100mila abitanti.
Sarebbe questa la migliore linea da seguire: l'obiettivo primario, ovviamente, è quello di tutelare l'area Schengen e prendere decisioni in comune, evitando che ogni governo scelga di agire di propria iniziativa ed in maniera diversa rispetto agli altri.

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LE DIFFICOLTÀ
Non è facile, tuttavia, trovare una sintesi, soprattutto perché Stati di una certa rilevanza (gli Stati Uniti e il Brasile) risulterebbero esclusi. Gli Usa, infatti, sono ancora considerati a rischio, secondo i criteri epidemiologici richiesti dall'Unione europea per essere ammessi all'elenco dei paesi i cui cittadini potranno visitare il Vecchio Continente. Le frontiere riapriranno mercoledì, quindi per la decisione finale i tempi sono stretti.
Al momento sarebbero circa 15 i paesi riammessi, fra cui la Nuova Zelanda, l'Australia, il Venezuela, Cuba, India, Marocco, Corea del Sud, Giappone e, diplomazia permettendo, la Cina, che pur essendo l'epicentro dell'epidemia, ha attualmente un basso numero di contagi, malgrado il focolaio registrato a Pechino.

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Rimane un certo imbarazzo per quanto riguarda le relazioni con gli Stati Uniti. Una prossima riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti, uno degli organi del Consiglio dell'Unione europea, è prevista per lunedì, quando sarà o meno approvata la bozza messa a punto dagli Stati membri. Anche secondo fonti citate dalla Cnn, gli Usa non sarebbero stati risparmiati dalla lista nera, malgrado le rassicurazioni arrivate dal vicepresidente americano Mike Pence, secondo il quale l'America starebbe a sua volta riaprendo «in sicurezza e in maniera responsabile».
CONFINI INTERNI
In futuro potrebbe nuovamente essere necessario chiudere le frontiere interne dell'Europa per l'allerta coronavirus ma questo non dovrà più essere fatto senza un voto collettivo. A spiegarlo ieri, in un'intervista alla Dpa, è stato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. «Non si può escludere che i confini debbano essere nuovamente chiusi se le infezioni in una delle regioni tornassero ad essere significativamente più diffuse che nelle altre», ha dichiarato sottolineando però come questa volta la decisione debba essere frutto di una scelta coordinata da tutti i governi dei paesi che compongono la Ue.
Attualmente quasi tutti i confini all'interno della zona Schengen sono aperti: uniche eccezioni sono rappresentate dalla Norvegia e dalla Finlandia che hanno annunciato la riapertura per metà luglio. «L'Europa ha imparato molto da questa crisi, non solo attraverso le sue debolezze ma anche in virtù dei suoi punti di forza», ha aggiunto. «Abbiamo rafforzato il nostro coordinamento e dimostrato solidarietà gli uni con gli altri».
 

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