Oligarchi e petrolio, la stretta del G7 per piegare Mosca. L'Europa vuole raggiungere lo stop in 6 mesi

Oggi il presidente americano chiederà una nuova accelerazione

Oligarchi e petrolio, la stretta del G7 per piegare Mosca. L'Europa vuole raggiungere lo stop in 6 mesi
Oligarchi e petrolio, la stretta del G7 per piegare Mosca. L'Europa vuole raggiungere lo stop in 6 mesi
di Flavio Pompetti e Gabriele Rosana
5 Minuti di Lettura
Sabato 7 Maggio 2022, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 12:38

Nuovo pressing dei potenti del mondo contro la Russia. Il G7 con l’aggiunta del presidente ucraino Zelensky tiene oggi una riunione virtuale di emergenza, in cerca di un accordo che rilanci l’ ennesimo giro di vite, il sesto, di sanzioni economiche da applicare come deterrente contro l’aggressore dell’Ucraina. E’ stato il cancelliere tedesco Scholz a convocare la seduta, forse spinto dalla preoccupazione dell’alleato di Washington di fronte ai tentennamenti che i 27 partner europei stanno mostrando nel mettere a punto l’arma letale che potrebbe tagliare le ali allo sforzo bellico di Mosca: un embargo progressivo contro le forniture di petrolio e gas provenienti dalla Russia. Dall’aereo che lo portava in visita in Ohio, Biden ha detto venerdì che gli Usa sono «aperti a nuove sanzioni», senza specificare il contenuto o l’estensione del provvedimento. 

Finlandia e Svezia nella Nato, la Corea del Nord minaccia: «Aggrava la guerra Russia-Ucraina»

La stretta del G7 per piegare Mosca


Fonti del dipartimento di Stato parlano di una possibile espansione delle misure punitive contro un numero più ampio di oligarchi collegati a qualunque titolo ai vertici del potere. Il provvedimento potrebbe avere anche una portata ridotta rispetto a quelli che l’hanno preceduto, ma la sua approvazione avrebbe un alto valore simbolico. Testimonierebbe ancora una volta la compattezza del fronte occidentale di fronte all’aggressione continuata, e guasterebbe la festa che Putin si appresta a celebrare in occasione della “giornata della vittoria”, anniversario della sconfitta nazista sul suolo russo che segnò l’inizio della disfatta della Germania nella Seconda guerra mondiale. «Putin si aspettava di marciare in questo giorno con le sue truppe per le strade di Kiev – ha commentato la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki – Dovrà invece contentarsi di celebrare ancora una volta tra le mura domestiche». 

 


Il regime moscovita conta di compensare l’imbarazzo con lo sfarzo militare, e con l’esibizione di nuove minacce contro l’occidente. Sulla Piazza Rossa al fianco di 11.000 soldati sfilerà oggi l’imponente arsenale militare a disposizione del paese, rappresentato da 131 mezzi da combattimento. E prio nel giorno in cui il G7 torna a riunirsi, il Coreper, il comitato dei rappresentati permanenti dei Ventisette a Bruxelles, è stato convocato dalla presidenza francese del Consiglio Ue: l’obiettivo è vincere le ultime resistenze dei Paesi più esposti all’impatto del divieto di importazione e trasporto del petrolio - Ungheria e Grecia in testa - e, dopo una serie di ritocchi sui tempi e sulle misure di compensazione economica, giungere a un compromesso per dare l’ok all’unanimità alle restrizioni. L’obiettivo è chiudere entro 6 sei mesi le forniture. Se pure oggi dovesse registrarsi una fumata nera, del resto, l’avvertimento dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell è chiaro: «Dovrò convocare una riunione dei ministri degli Esteri per affrontare la questione a livello politico», ha ribadito lo spagnolo a capo della diplomazia Ue.

A Bruxelles si vuole evitare di rinviare ancora: l’Ue vuole presentarsi compatta al 9 maggio in cui si celebra sì la Festa dell’Europa - a 72 anni dal discorso post-bellico di Robert Schuman, il momento fondativo del progetto europeo - ma pure la Giornata della Vittoria della Russia nella Seconda guerra mondiale. 


LE TAPPE


Il simbolismo si intreccia con la pressione politica e impone ai Ventisette di fare presto. I negoziati proseguiti sottotraccia negli ultimi giorni hanno già contribuito a riavvicinare le posizioni, nonostante i toni pubblici di duro scontro che ha continuato a usare Viktor Orbán. Il premier ungherese ha parlato del nuovo lotto come di una «bomba atomica sull’economia del mio Paese»: parole dure impiegate non come antifona di un veto che farebbe deragliare le sanzioni, ma piuttosto come leva negoziale per alzare la posta di ciò che Budapest potrà ottenere dalle trattative delle prossime ore, tanto sui tempi quanto sui sostegni. Ungheria e Slovacchia, a cui già nella prima bozza veniva garantito un periodo di transizione fino a fine 2023 prima di attuare l’embargo, otterrebbero infatti un ulteriore anno di tempo, fino a dicembre 2024, per staccarsi dalle forniture russe. La Repubblica Ceca, invece, avrebbe fino a giugno 2024.


RASSICURAZIONI


E nuove rassicurazioni, oltre all’estensione del periodo di grazia da uno a tre mesi, andranno date anche alla Grecia che, insieme a Malta e Cipro, è preoccupata per l’impatto sul settore della navigazione del divieto di trasportare o assicurare i carichi di petrolio russo diretto verso Cina e India. Il G7 di oggi potrebbe fornire agli armatori e agli assicuratori Ue la garanzia che le aziende di Usa, Canada e Giappone non si sostituiranno a quelle europee. 
Fronte gas, intanto, Gazprom avrebbe scritto alle società Ue fornendo rassicurazioni sul fatto che lo schema di pagamento con il doppio conto in euro e rubli non costituirebbe violazione delle sanzioni; entro metà mese, la Commissione pubblicherà nuove e più precise linee guida per le aziende.

© RIPRODUZIONE RISERVATA