Ucraina, Putin evoca il nucleare e mette i sistemi in allerta. Gli Usa: possiamo reagire

Lo Zar dà l’ordine alle forze armate dopo le «dichiarazioni aggressive della Nato»

Putin evoca il nucleare e mette i sistemi in allerta. Gli Usa: possiamo reagire
Putin evoca il nucleare e mette i sistemi in allerta. Gli Usa: possiamo reagire
di Marco Ventura
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 07:30

«L’Occidente fa dichiarazioni aggressive. Ordino al ministro della Difesa e al Capo di stato maggiore di mettere in massima allerta, e assetto speciale da combattimento, le forze di deterrenza dell’esercito russo». Le parole di Putin arrivano direttamente dal Cremlino nelle case di tutto il mondo. E sono chiarissime. Si tratta della minaccia “nucleare”, quella di oltre 6200 testate che sembravano ormai ammuffire nella soffitta della storia. Una dichiarazione «inaccettabile e non necessaria», ribatte il Pentagono, per il quale «un calcolo sbagliato può rendere le cose molto pericolose». Ma poi rassicura tutti: «Confidiamo nella nostra capacità di difendere noi stessi, i nostri alleati e i nostri partner». E poi, quali sarebbero i «segni tangibili» di quest’ordine? Per la Germania, l’evocazione dell’arma nucleare nasce dal fatto che l’offensiva russa «si è bloccata». Ma dove vuole arrivare Putin? Quale gioco sta giocando? E potrebbe aver sbagliato i calcoli? Rischia di cadere su Kiev

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L’ULTIMA MOSSA
Segnali di smottamento interno ci sono.

I rampolli di oligarchi e stretti collaboratori, da Abramovich a Peskov, escono allo scoperto contro la guerra. Il ministro degli Esteri Lavrov porta avanti una linea più morbida, che non dipende solo dal ruolo. E uno degli oligarchi più vicini allo Zar, Mikhail Fridman, co-fondatore di Alfa-Bank, uno degli istituti privati russi più grandi, senza troppi giri di parole scrive al suo staff che «la guerra non può mai essere la risposta». Ricorda di esser nato nell’Ucraina occidentale e di averci vissuto fino ai 17 anni, i genitori erano cittadini ucraini e Lviv è «la mia città del cuore». Ma in Russia «ho creato il mio business». Ma è soprattutto sul terreno che la situazione non è quella che lo Zar si aspettava. Richard Moore, capo dell’MI6, il Servizio esterno britannico, ha rilanciato su Twitter l’analisi di un professore emerito del King’s College, Lawrence Freedman, per il quale Putin ha scatenato un conflitto che «non è possibile vincere». Le guerre «raramente vanno secondo i piani, specialmente se dai credito alla tua stessa retorica». Teoria «affascinante, ha senso», commenta Moore. 

LO SCENARIO
Gli analisti tendono a ritenere che l’azzardo “restauratore” di Putin sia l’inizio di una nuova fase della storia europea. O, meglio, di un ritorno al passato, alla Guerra fredda se non al confronto tra gli imperi, quello zarista e quello ottomano, come dimostra la tensione nel Bosforo e nei Dardanelli. E se l’attacco russo sembra non essere la «guerra lampo» che Putin forse si augurava, ecco allora l’inaudita minaccia nucleare e il rischio di coinvolgimento della Turchia e dei Paesi del fianco est della Nato. «Ci sono le premesse per un allargamento e una durata del conflitto», dice Francesco Strazzari, ordinario di Relazioni internazionali presso la Scuola Sant’Anna di Pisa. «Quando si parla di militarizzazione dal basso non si annunciano conflitti brevi. Se si distribuiscono decine di migliaia di armi si gettano le premesse di una guerra che tende alla lunga durata. C’è una situazione di asimmetria e svantaggio in cui le armi degli ucraini sono la simpatia internazionale e il tentativo di mostrare ostinazione». 

IL FUTURO GOVERNO
Le scene e i proclami di resistenza, la determinazione di militari e civili in difesa del loro Paese, e l’offensiva comunicativa del presidente Zelensky, non faranno che alzare il costo per i russi che si muovono sotto i riflettori del mondo. «Nelle città, quello che succede è immediatamente sotto gli occhi di tutti. Sono bastati un edificio colpito da un razzo e un’automobile travolta da un carrarmato per generare un’ondata di indignazione in tutto il mondo. Putin difficilmente potrà ordinare, come a Grozny o in Siria, la distruzione sistematica dei centri urbani». Strazzari è convinto che Putin non abbia in mente uccidere il leader ucraino, come fecero invece i russi nel 1996 in Cecenia, eliminando il presidente Dudaev con due missili laser-guidati. A Putin non interessa «creare un martire a Kiev, ma le condizioni perché siano i suoi stessi uomini a destituirlo». 

L’ISOLAMENTO DEL LEADER
C’è chi teorizza che Vladimir Putin sia avvolto nel suo solipsismo, circondato da specchi nel suo Giardino d’Inverno. Forse provato dalla forzata reclusione della pandemia. Ma il tema dell’emotività non aiuta a capire. Putin aveva un piano. «È un restauratore e conservatore, socialmente crede nell’ordine, nella famiglia, politicamente è nostalgico». La dissoluzione dell’Unione Sovietica fu per lui «la più grande tragedia del Ventunesimo secolo». Putin doveva poter negoziare un ordine multipolare in cui la Russia riconquistasse il suo ruolo. «Lo è andato a cercare dove è diventata una grande potenza, quando è arrivata ai mari caldi, al Mar Nero, e ha fondato Odessa. Una visione di status, lui credeva che gli bastasse forzare la mano. La sua idea di sovranità si basa sui bisogni del popolo, sulla “democrazia sovrana”, come un uomo dell’800 o un imperatore romano. Un tipo di autoritarismo - dice Strazzari – basato sul comprimere, depoliticizzare e render docile il popolo». Dal punto di vista geopolitico, invece, il suo obiettivo è quello di dare continuità ai territori dove vivono russi, fino alla Transnistria. Una vera visione imperiale, dunque. 

IL DISSENSO
Segni di rivolta interna, comunque, ci sono. E si sentono sempre di più. Le piazze russe cominciano a riempirsi di coraggiosi dissidenti. E Putin, forse per la prima volta, deve guardarsi dai colpi di Palazzo. Il suo tentativo, lucido nelle mire, folle negli strumenti, non è «scrivere il futuro, ma riscrivere il passato», per dirla con Ivan Krastev, Institute for Human Sciences di Vienna. Giovani, artisti, intellettuali, potrebbero ora trovarsi in sintonia con il cuore dei russi, almeno nelle metropoli, più dello Zar che sognava di restaurare la Grande Russia. 

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