Violenza sulla donne, la campagna di Sorgenia: testimoni di abusi non voltate lo sguardo

Violenza sulla donne, la campagna di Sorgenia: testimoni di abusi non voltate lo sguardo
di Claudia Guasco
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 23 Novembre 2022, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 07:28

Due voci nell’appartamento al terzo piano, i litigi, le grida che non si placano.

Ed è sempre così, un giorno dopo l’altro. «Cosa si prova quando la tua casa è una prigione? Quando la minima imperfezione è colpa tua e soprattutto è motivo di rabbia? Una sera che le urla sono più forti decido di uscire sul pianerottolo, chiedendo ad alta voce se va tutto bene, se c’è bisogno di aiuto. Sono sconvolta dal fatto che mentre io apro la porta, sento le chiavi girare nelle altre serrature e capisco che alcuni condomini alzano il volume della tv per non sentire. «Marta, non ti intromettere», mi consigliano i vicini. «Marta, lui è un imprenditore stimato, cosa possiamo fare? Lavora molto, sarà stanco e stressato». Marta è l’unica che non tira dritto. «Chiedo alle persone come possano voltare la testa. La violenza non è più solo in quella casa. È a casa di tutti noi, perché abbiamo sentito e non possiamo continuare a fare finta di nulla. Siamo complici».

I RACCONTI

La storia di Marta, operatrice di Pangea Onlus, è una delle voci di #Sempre25novembre, che con dieci podcast, un ebook e uno spettacolo teatrale “Non ti voltare! È tempo di agire. La violenza riguarda tutti” in scena stasera al cinema Odeon di Milano (ingresso gratuito, previa prenotazione) rinnovano per il quinto anno l’impegno di Sorgenia nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Non solo: per ogni download dell’e-book l’azienda donerà 1 euro per sostenere il progetto Reama della Fondazione Pangea Onlus e dalla performance teatrale Sorgenia produrrà materiale didattico digitale per le scuole di tutta Italia, grazie alla collaborazione con Parole O-Stili. Questa volta il campo si allarga, la narrazione è affidata non solo a chi ha subito abusi ma anche ai testimoni dei maltrattamenti. I familiari, le amiche, le colleghe. È lo sguardo dei bambini che hanno visto il papà picchiare la mamma, attraverso le voci di insegnanti, educatori, compagni di scuola. Si parla di violenza fisica, economica, psicologica. Nei primi tre mesi di quest’anno al numero verde antiviolenza e stalking 1522 sono arrivate 12.270 chiamate, i contatti attraverso il sito internet sono cresciuti del 71%, il 61,4% delle vittime dichiara che le vessazioni perdurano da anni. Natalia è una di loro. Straniera in una Milano a lei sconosciuta, incontra Marco. Carino, gentile, premuroso. Poi lei rimane incinta e mentre la pancia cresce la loro storia va a rotoli. «Mi accusava di tradirlo mentre lui era al lavoro, che stavo con lui solo per i soldi, che era brutta, grassa, facevo schifo», è il suo sfogo raccolto dalla cooperativa La Grande casa. Quando è nata Lara le cose non sono migliorate. «Marco non la guardava, diceva che non era sua figlia». La tristezza ha iniziato a trasformarsi in paura. «Una sera, uscendo, lui ha chiuso la porta a chiave, portando via l’unico mazzo rimasto. Quando Marco è tornato sono scivolata fuori dalla porta in silenzio, senza sapere dove andare ma decisa a non fare più ritorno». Ora Natalia è in una casa rifugio. «Spesso le vittime sottovalutano il rischio che stanno correndo. Si dice: io al primo ceffone me ne sarei andata. Il più delle volte però la sberla arriva dopo anni di angherie psicologiche e umiliazione della donna che pensa di essersela meritata», spiega Silvia Redigolo di Pangea Onlus.

CONTROLLO

Le facce della violenza sono tante e le più pericolose sono quelle introiettate come normalità, riflette Cathy La Torre, avvocato e attivista che si batte (con il cuore e il codice) per i diritti civili. La violenza economica, per esempio. «Al Sud quasi 4 donne su 10 non posseggono un conto corrente bancario proprio». E poi subdole prevaricazioni fatte passare per consuetudine. «Molte mi chiedono se sia lecito che il partner metta le telecamere in casa e me lo domandano con una forma di curiosità lieve, come se fosse normale. Qualche giorno fa, sui social, mi sono imbattuta in una persona molto nota che scriveva al posto della moglie: “Ciao, rispondo per lei, le ho preso il telefono mentre sta dormendo”. Il mio occhio legale intravvede una decina di reati ma tutti dobbiamo capire che il controllo è la prima spia di un rapporto che può sfociare nella violenza».

«CIAO PRINCIPESSA»

Capita che una donna ci scivoli dentro senza nemmeno accorgersene, un passo alla volta verso l’inferno, tocca a chi le sta accanto interpretare i segnali di allarme: quando un’amica si chiude in se stessa, non esce più la sera, spia con ansia il cellulare, questo è il momento di guardarla dritta negli occhi. Le parole fanno da ponte e bisogna usare quelle giuste. Da qui è nata una speciale declinazione de “Il manifesto della comunicazione non ostile”, decalogo per confrontarsi senza prevaricare e manuale contro i soprusi nella vita quotidiana. «”Ehi bella”, “Ciao principessa”: molestie ricevute per strada. Parole che in determinate circostanze - di notte, al buio, in una strada vuota - fanno gelare il sangue e sudare freddo». Momo, l’altra metà di Raissa nella coppia star di TikTok, racconta che è stata la sua compagna a mostrargli il lato oscuro della paura: «Se sei un uomo e di sera hai davanti a te una donna, cambia marciapiede per non metterla in allarme, fingi di parlare al telefono con un amico per rassicurarla, non fare gesti che possano impaurirla». Basta poco. Solo guardare e ascoltare.

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