Emergenza demografica, la commissaria europea Šuica: «Il sostegno alle famiglie terza transizione per l'Europa»

La croata Dubravka Šuica è vicepresidente dell esecutivo Ue e commissaria per la democrazia e la demografia (foto Commissione europea)
La croata Dubravka Šuica è vicepresidente dell’esecutivo Ue e commissaria per la democrazia e la demografia (foto Commissione europea)
di Gabriele Rosana
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Mercoledì 26 Gennaio 2022, 15:48 - Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 13:29

Ursula von der Leyen ha sette figli. Roberta Metsola quattro. A Bruxelles è ormai in voga la battuta di spirito per cui, se la presidente della Commissione e quella del Parlamento mettessero insieme la loro prole ne verrebbe fuori una squadra di calcio con i colori dell’Europa, le dodici stelle su sfondo blu. Eppure, la storia personale della tedesca e della maltese - le due donne che rivestono le cariche istituzionali più alte nell’Unione europea - è ben diversa rispetto a quella di milioni di coppie nel resto del continente. Il declino demografico in Europa è una corsa senza freni, tanto che per la prima volta nella storia Ue a Bruxelles la Demografia è entrata, insieme alla Democrazia, nel titolo del portafoglio di una vicepresidente dell’esecutivo Ue, la croata Dubravka Šuica. Il crollo dei nuovi nati si accompagna a un’età media in costante aumento. E la partita si intreccia con i fondi del Recovery Plan e iniziative - dagli asili nido ai congedi parentali - per sostenere i nuovi genitori, come ha spiegato Šuica a MoltoDonna.

In che modo la Commissione si occupa di cambiamento demografico?

«La mia ambizione è far sì che il cambiamento demografico sia visto come la terza transizione che l’Europa sta affrontando, insieme a quella verde e digitale. Per questo ho iniziato il mio lavoro con la pubblicazione di un rapporto sull’impatto del cambiamento demografico, che ha individuato nell’aumento dell’aspettativa di vita, nel calo delle nascite e nella popolazione che invecchia i tre fattori principali che influiranno sul futuro del lavoro, i bilanci pubblici e i sistemi sanitari e assistenziali».

Il tasso di natalità in Europa è in forte declino. Come intendete affrontare la questione?

«Se guardiamo alle cifre, il numero di nascite in Europa è diminuito costantemente tra gli Anni Sessanta e la metà degli Anni Novanta, salvo riprendersi a inizio Anni Duemila e stabilizzarsi poi nel decennio successivo. I dati più recenti che abbiamo sono distorti dalla pandemia; dobbiamo però continuare a monitorarli e, alla luce di essi, adeguare le nostre politiche. Tra le condizioni per cui donne e famiglie decidono di avere figli rientrano senza dubbio alcuno la sicurezza del posto di lavoro insieme ad adeguate prospettive di carriera, oltre che orari flessibili, livelli di retribuzione adeguati, capillari strutture assistenziali e una rete di sostegno che deve indispensabilmente includere anche i padri».

Stiamo parlando di temi che sono di competenza degli Stati membri. Cosa si può fare a Bruxelles per allinearle?

«È vero: le politiche per la famiglia, così come quelle per la salute, rientrano nella sfera di competenza nazionale. Tuttavia, se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che siamo tutti connessi e che le soluzioni si possono trovare solo se lavoriamo insieme. La Commissione si sta muovendo in maniera molto concreta con un piano per le zone rurali. Quest’anno proporremo una Strategia europea per l’assistenza, che tra le altre cose si occuperà anche di asili nido e accesso alle infrastrutture per l’infanzia».

Quali azioni Ue sono rivolte in particolare alle nuove famiglie?

«Stiamo già facendo molto attraverso varie iniziative e diversi strumenti di finanziamento. I fondi di coesione e quelli per lo sviluppo rurale sovvenzionano le infrastrutture critiche in quest’ambito, dagli asili nido ai parchi giochi per bambini. C’è poi la direttiva sulla conciliazione tra vita privata e vita professionale, che dovrà essere integralmente trasposta negli ordinamenti nazionali entro agosto: è un provvedimento chiave per assicurare ambienti di lavoro più favorevoli alle famiglie in tutta l’Unione. E non dimentichiamo le risorse del Recovery Plan, con vari piani che prevedono riforme importanti per infanzia, istruzione e salute. La revisione dell’impianto assistenziale è fondamentale per affrontare i cambiamenti demografici e dare in particolare alle donne la possibilità di partecipare al mercato del lavoro. C’è bisogno di tutti, dai governi alla società civile, fino alle istituzioni Ue, per creare le condizioni necessarie perché uomini e donne possano incontrarsi su un terreno comune e, alla pari, decidere di avere figli».

Negli ultimi anni l’Ue si è occupata molto dell’istituzione di una Garanzia per l’infanzia. Può essere uno strumento utile a invertire il trend di denatalità?

«La pandemia ha messo a dura prova i diritti dei bambini e la loro inclusione socio-economica. Abbiamo visto aumentare i livelli di povertà infantile e crescere le disuguaglianze strutturali, con impatti spesso destinati a durare tutta la vita. Vogliamo che tutti gli Stati assicurino che ogni bambino a rischio povertà o esclusione sociale in Europa abbia lo stesso diritto a un accesso gratuito ed effettivo ad asili, attività curricolari ed extracurricolari, mense scolastiche, alimentazione sana e alloggio. Il piano d’azione del Pilastro europeo dei diritti sociali fissa come obiettivo la riduzione delle persone a rischio povertà di almeno 15 milioni entro il 2030: un terzo dovranno essere bambini».

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