La chef Isabella Potì: «La natura del Salento, i miei gatti, un team e la stella Michelin. La felicità è una scelta di ogni giorno»

Isabella Potì in una foto di Ivan Tortorella
Isabella Potì in una foto di Ivan Tortorella
di Leda Cesari
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Mercoledì 23 Dicembre 2020, 14:45 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 05:53

Isabella Potì, con i suoi 25 anni da festeggiare nel giorno di Santo Stefano che raccontano bellezza, bravura e successo on e offline, è la risposta, sintonizzata sui valori dei tempi che sono, al quesito “Cos’è la felicità?”. È nel suo paradiso di gatti e verde salentino alle porte di Scorrano - piccolo comune dove lei e il suo compagno Floriano Pellegrino hanno fatto gemmare la visionarietà di Bros’ nella trattoria Roots - - e lì si scopre che quel suo stato di evidente beatitudine non origina dal riconoscimento universale del suo talento di giudice televisiva (Il ristorante degli chef su Rai2) e protagonista dei millennial. Né dal successo del suo primo libro Millennial cooking (RaiLibri) un concentrato di velocità e di saperi diversi per chi come lei ha lavorato giovanissima a Londra, Copenaghen, San Sebastian, Ibiza e Mentone prima di approdare a Lecce dove ha conquistato la prima stella Michelin. No, Isabella Potì mostra una felicità serena e composta, inattesa e insospettata, a confronto con l’immagine scatenata che ammalia i follower su Tik Tok (12.900) e Instagram (85.400).

Secondo lei: felicità è?

«Stare qui con i miei gatti – Marshmallow, Puccia, Mantequilla – sapendo che la gente fa la fila per venire qui a provare i nostri piatti».

Non solo foodlovers: anche i vostri coetanei sgomitano per venire a lavorare qui dove il team cucina-sala parla il giapponese di Yuta, il francese di Mustafà dal Senegal e via elencando.

«Ci scrivono in tanti, molti giovanissimi, sottoponendosi anche a test di compatibilità con la nostra filosofia.

Questa è la mia felicità: lavoro in team, semplicità, routine quotidiana, quella che mi manca quando gli spostamenti si accavallano. Qui, dove tra due anni trasferiremo anche “Bros’”, c’è un’aria differente: le verdure del nostro orto, le chiacchiere con Angelo il fruttivendolo e Ada della ricotta…. Qui, insomma, siamo connessi in contemporanea con il mondo e la natura, per me importantissima».

È stata una bambina felice?

«Direi proprio di sì, pur tra mille difficoltà. Mio padre è salentino, mia madre polacca, sono nata a a Roma, ma passavo l’estate dove vivono i miei ora, in Polonia, in un paesino di 2mila abitanti, in una riserva naturale con le casette di legno e le foreste. C’era il gatto Chiupy, la falegnameria del nonno, gli alberi da frutto e la campagna aperta, le foreste e i cervi… e anche lì sognavo di cucinare. E lo facevo anche, salendo su una sedia per arrivare ai fornelli».

E a un certo punto è arrivata la Stella Michelin per “Bros’”, in pochissimo tempo. Felicità da uno a dieci?

«Uhhh, moltissima perché c’è stato tanto lavoro per averla, per ottenere quello standard. E non nascondo che speriamo di raggiungere quanto prima una felicità ancora maggiore, in questo senso. Ma c’è tempo».

Cos’è la felicità a tavola? “Un bicchiere di vino con un panino”, giusto per non citare una nota canzone al riguardo, o una delle alchimie gastro-pirotecniche firmate Bros’?

«Può essere entrambe le cose, anche perché non si può mangiare da Bros’ tutti i giorni… È un’esperienza da fare una volta ogni tanto. E poi c’è la quotidianità, invece, e torno a me qui: svegliarsi la mattina, mettersi in tuta, i dolcetti della colazione, giocare con i cani di casa e i gatti di qua, lavorare al computer con il tepore del forno a legna. Me la godo, insomma. Poi ci sono i giorni di lavoro a Lecce e i viaggi all’estero per fare nuove esperienze».

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Un modo di essere, la felicità, o questione di attimi?

«Secondo è una scelta di ogni giorno. L’ho imparato dai miei: avevamo ben poco, ma eravamo sempre allegri. E sapevano in qualche modo che avrei costruito qualcosa. E sono arrivati i Pellegrino: compagna di Giovanni all’Alberghiero di Lecce, poi Francesco e la storia con Floriano. Una grande famiglia e una piccola gang, donde il nome: “bros”. Fratelli».

Si sente arrivata, oggi?

«Per nulla, perché non do molto peso alla fama. Ma le buone notizie sono molte: presto, per dirne una, apriremo una pasticceria non “fisica”. Non dico di più».

Del panorama composito della sua felicità fanno parte anche i gatti e il rugby.

«Gli animali sono magici: non abbandonateli, fate un danno a loro e a voi stessi. Il rugby ho iniziato a praticarlo con Flo’ e adesso cominciano i lavori allo stadio di Trepuzzi, messo a disposizione per questo progetto. Abbiamo anche un grande coach, un ex giocatore sudafricano, e presto daremo qualcosa da fare a molti ragazzi che hanno avuto poco dalla vita».

In quest’apoteosi di cose belle, cosa manca?

«La mia famiglia allargata».

E una tutta sua? Avevate annunciato il matrimonio.

«Appena passa questo periodo. Tre figli: Leonardo, Valentina ed Elisabetta, come mia mamma».

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