Unisce la dolcezza e la disillusione dei suoi trentasette anni alla caparbietà.
Dalla serie La mafia uccide solo d’estate a Guida astrologica per cuori infranti, passando anche per L’Allieva, Claudia Gusmano approccia con naturalezza tematiche contemporanee, con un’ingenuità apparente che trasforma sempre in consapevolezza e maturazione. E per il film Primadonna, in programmazione dall’8 marzo, data certamente assai significativa, non è stato diverso: «Ci sono stati dei momenti in cui non è stato facile. Dovevo tornare a casa e dire ok, Claudia, stai facendo solo il tuo lavoro e devi uscire dal personaggio. Davvero per nulla facile».
LA SVOLTA
Primadonna non è infatti un film che lascia indifferenti e per questo è stata scelta come data di uscita nelle sale una data simbolo: per ricordare i diritti conquistati.
LA PREPARAZIONE
«Non sono andata indietro nel tempo, ho raccontato Lia come una donna moderna. Ho dovuto pulire i miei occhi per tornare a stupirmi di alcune cose, ma l’ho raccontata come una di noi, e non necessariamente - sottolinea l’attrice - come una donna coraggiosa, più come una ragazza incosciente. Ha subito un’ingiustizia enorme, ma era mortificante per lei doverne parlare in tribunale. Ha comunque trovato il coraggio di farlo. Volevamo raccontare una storia universale. Ed è un film che forse è più per gli uomini che per le donne, perché noi conosciamo già tutto quello che la protagonista prova». Un messaggio importante per l’8 marzo anche perché la paura di essere donne non ci abbandona. «Già da ragazzina, avevo molto timore a rientrare tardi la sera. Viene l’ansia a pensare di trovarsi in certe situazioni, dove possiamo fare poco contro la loro forza fisica. È terrificante, come quello che ha affrontato Lia». Un film che ragiona molto sul senso di colpa, in tutte le sue sfaccettature: «Lei e il suo stupratore sono entrambi vittime, in modo diverso, della società in cui vivono, perché se non sei abbastanza uomo vieni comunque giudicato».
IL MOVENTE
Il matrimonio riparatore oggi non esiste più, ma la matrice alla base della violenza è il movente di molti femminicidi: «Anche se sono una donna che vive nel 2023 ho trovato molto materiale su cui lavorare in questo senso alla costruzione di questo personaggio. A fine proiezione diverse ragazze mi hanno abbracciato, raccontandomi di aver vissuto esperienze simili, soprattutto di essere state fraintese. Se dici no è solo perché sei una brava ragazza, ma se dici di si, sei una poca seria, ed è folle questa cosa, come venir giudicate per come ci si veste». I problemi sono anche nella vita di coppia: «Se tu non fai sesso con tuo marito è giusto che lui ti tradisca, perché una donna deve appagare l’uomo. È il 2023. Ma di che cosa stiamo parlando?».
LA COSCIENZA
La coscienza che cresce. «Come attrice questo film significa aver dato senso ai miei sacrifici. Accettare che il telefono non squilli, sentire il rumore assordante di quel silenzio, o il casino sui social, dove tutti sembrano stiano facendo qualcosa, perché mi rendo conto che questa è una storia che può cambiare il pubblico una volta uscito dal cinema». L’insegnamento più grande che Lia le ha lasciato è per tutti: «Comprendere che possiamo dire no, su tutto. Viviamo in una società in cui devi essere perfetto anche nella tua imperfezione, l’importante è che continui a correre. Anche nel mio lavoro è così, e invece no, anche nel 2023 ti puoi fermare e dire di no, senza essere giudicato per questo, perché il giudizio, come il senso di colpa, è solo una grande catena d’oro, se la tiri scopri di essere incatenato e basta».
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