Francesca Petrini, produttrice di olio d'oliva bio: «Donne fondamentali in agricoltura, si fa poco squadra»

Francesca Petrini, produttrice di olio d'oliva bio: «Donne fondamentali in agricoltura, si fa poco squadra»
di Edoardo Danieli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 29 Settembre 2021, 14:22 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 10:30

Francesca Petrini, titolare insieme al fratello Cristiano della “Fattoria Petrini”, azienda agricola marchigiana specializzata nella produzione di olio d’oliva biologico, chi dice donna in agricoltura, dice?

«Dice serietà, capacità di gestire le risorse e di creare collegamenti, volontà di approfondire e risolvere».

Difetti, non se ne parla?

«Le donne fanno poca squadra, anche se nei panel scientifici e tecnici di alto livello, il contributo e la collaborazione di tutti sono fondamentali senza differenze».

Qual è la caratteristica che la donna porta nel mondo dell’agricoltura?

«Non ho dati scientifici, che però stiamo preparando, per mia esperienza dico due fattori. Il primo aspetto è la presenza elevatissima delle donne nell’agricoltura biologica. Il secondo, che è una conseguenza, le aziende guidate dalle donne hanno modalità di lavoro e livello di sostenibilità maggiori».

Allargando il concetto, aziende green in genere hanno bisogno di management femminile?

«Chi lavora nel biologico sa che la salvaguardia di ambiente e salute è un valore strategico per l’impresa stessa, che consente di saper fronteggiare meglio le sfide del futuro.

Tra l’altro, trovo che sia una caratteristica molto femminile dover procedere, come in questo momento, con poco tempo a disposizione, con risorse ambientali sempre più limitate, con processi organizzativi che devono mettere a regime le microimprese in un mondo senza confini».

Lei, nonostante le difficoltà, resta fiduciosa?

«È il momento di fare, di uscire dalla fase progettuale ed entrare, di gran carriera, in quella realizzativa. In questi giorni, partecipo al festival dello sviluppo sostenibile, in cui si punta proprio a questa fase: come mettere in pratica i 17 goal dell’Agenda 20/30 per lo sviluppo sostenibile. In sede di Commissione europea, invece, parteciperò tra pochi giorni al Cese, il Comitato economico e sociale europeo, per favorire l’allineamento delle imprese agroalimentari agli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’adesione al codice europeo. Se non perderemo tempo, sono fiduciosa».

Com’è il confronto con l’Europa?

«Difficile ma molto interessante perché ambizioso e concreto con la consapevolezza che occorre procedere in fretta e con obiettivi precisi. La donna da sola non basta ma in questa fase restano fondamentali due nostre caratteristiche: la concretezza e tenere lo sguardo dritto sull’obiettivo».

Perché la donna sola non basta?

«Perché non è più solo questione di visione, o cambieremo tutti insieme oppure non ci sarà speranza. La pandemia ha rafforzato certi concetti che da 30-40 anni sono già patrimonio del mondo imprenditoriale agricolo e cioè che il genere umano, pensando solo alla crescita del Pil, ha deteriorato il mondo. E non ne esiste uno di riserva».

© RIPRODUZIONE RISERVATA