Suicidio assistito, l'anestesista: «Ecco cosa accadrà negli ultimi 90 secondi, sarà Mario a schiacciare il pulsante»

L'anestesista Mario Riccio
L'anestesista Mario Riccio
di Maria Teresa Bianciardi
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Domenica 28 Novembre 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 08:44

ANCONA - Il dottor Mario Riccio è l’anestesista che nel 2006 aiutò Piergiorgio Welby a morire, somministrandogli il sedativo prima del distacco del respiratore artificiale. Quindici anni fa è finito nel mirino dell’Ordine dei medici, indagato e poi prosciolto - perchè il caso non sussiste - del reato di omicidio del consenziente: oggi è il consulente di Mario, il 43enne marchigiano che sta portando avanti, proprio come Welby, una rivoluzionaria battaglia sul fine vita.


Dottor Riccio, ha già incontrato Mario?
«Lo farò a breve, ma ci siamo sentiti e visti in videocall.

Mi scrive spesso, anche».

È determinato a chiudere la sua vita con il suicidio medicalmente assistito?
«Molto determinato e lucido. Sta aspettando quello che lui stesso ha definito “un regalo” e segue con attenzione tutto quello che sta accadendo attorno al suo caso. Non solo. È informatissimo sotto il profilo giuridico e sanitario».


Insomma sa quello che gli accadrà.
«Certo, ha intrapreso questo percorso seguendo la sentenza della Corte costituzionale e il Comitato etico marchigiano gli ha riconosciuto i quattro requisiti fondamentali per la morte assistita».


Ma il Cerm non si è espresso sulla parte relativa al farmaco e sulla dose da utilizzare.
«I legali di Mario hanno provveduto a diffidare l’Asur affinchè proceda alla verifica del farmaco idoneo e alle relative modalità di esecuzione. Nello stesso tempo ho presentato una controdeduzione sui questi aspetti che dovranno essere valutati».


Su cosa in particolare?
«Sul farmaco, sul perchè dell’utilizzo di quel medicinale, sulla quantità da utilizzare e su come avverrà la procedura».


Cosa accadrà se e quando Mario potrà accedere al suicidio assistito?
«Verrà caricata una pompa infusionale con l’anestetico nella quantità indicata e sarà Mario a schiacciare il pulsante. A seguito dell’incidente avvenuto 11 anni fa è rimasto tetraplegico ma ha una forza residua in una mano con cui adesso riesce a pigiare anche i tasti del telefono e del computer».


E una volta azionata la pompa infusionale?
«Il farmaco entrerà in circolo e lo farà addormentare. Nel giro di 90 secondi, arriverà l’arresto respiratorio a cui seguirà quello cardiologico».


Qual è la a differenza con la sedazione utilizzata in ambito chirurgico?
«Quando il paziente è in uno stato di completa incoscienza è necessario l’uso di macchinari che sostituiscano la sua funzionalità respiratoria. Mario invece, una volta sedato, non verrà collegato ad un ventilatore meccanico».


Esiste il diritto a morire?
«Assolutamente sì».


Però non tutti i medici ne sono convinti.
«Io credo che esista il dovere morale del medico di accettare la decisione del paziente e di seguire la sua volontà partecipando alla morte medicalmente assistita. Ma ho comunque un grande rispetto per i colleghi che decidono di non partecipare a questo atto».


Un atto che ha un forte impatto emotivo.
«In questa professione ogni scelta ce l’ha. La medicina è un lavoro etico: in piena emergenza Covid per esempio si è scelto chi intubare e chi no. Oppure quando ci si trova di fronte alla necessità di capire se operare prima un paziente e poi un altro: decisioni che non si prendono certo a cuor leggero e che hanno un fortissimo contenuto emotivo. In questo caso c’è la richiesta forte di un paziente: sostiene che la vita che sta vivendo non è per lui e come medico rispetto la volontà del malato».

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