Giù il volume: «Da zero controlli a tolleranza sottozero»

Giù il volume: «Da zero controlli a tolleranza sottozero»
Giù il volume: «Da zero controlli a tolleranza sottozero»
di Andrea Maccarone
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Sabato 7 Dicembre 2019, 14:43

Un anno dopo la strage di Corinaldo si è detto di tutto sul mondo del divertimento. Le leggi sono cambiate. Si sono inasprite. Produrre spettacoli oggi è più difficile. I locali chiudono perché rispettare le norme è troppo costoso. Queste sono le voci che si rincorrono nelle piazze, nei luoghi della movida. Ma cosa c’è di corretto in queste affermazioni? Niente, a quanto pare. È il pensiero comune, ma completamente fuori strada. Almeno così dicono i promoter e gli organizzatori del pubblico spettacolo. Andiamo per ordine: partiamo dalle regole. Le leggi sono sempre le stesse? «Ma certamente – afferma Francesco Rossetti, direttore del Mamamia di Senigallia – solo che ora le fanno rispettare. Sembra che gli organi di controllo abbiano improvvisamente scoperto la parolina magica: capienza. Purtroppo ci è voluta la tragedia di Corinaldo per far capire che la sicurezza di un locale sta prima di tutto nel rispetto di certe regole». Ma allora vuol dire che prima nessuno controllava? «A quanto pare sì – replica Aldo Ascani, titolare di tre locali tra Civitanova – c’è stato un momento in cui la discoteca la faceva anche la piadineria sotto casa. In molti ristoranti, il fine settimana, dopo la cena partiva la musica. E giù a ballare fino all’alba. È stato un lento progredire verso la deregolamentazione totale. E questo settore era diventato il far west». Allora ben vengano i controlli, no? «Assolutamente sì – continua Rossetti – buona parte degli improvvisati è sparita, ma c’è ancora molto da fare». Poi c’è tutto un altro settore oltre alle discoteche: quello dei grandi spettacoli nelle arene o nei palasport. Eventi ancor più complicati da gestire, in caso di emergenza, per via del numero elevato di presenze. E qui che è successo? «Stesso discorso delle discoteche – afferma Andrea Cipolla, titolare dell’agenzia Best Eventi che, tra gli ultimi, ha portato Mika al PalaPrometeo di Ancona – dobbiamo capire una volta per tutte che non sono state introdotte nuove leggi o nuove regole per la produzione di qualsivoglia spettacolo. Solo c’è più controllo». In termini economici, quanto incide la questione sicurezza sul budget dell’intera produzione? «È una bella fetta – continua il patron di Best Eventi – ma è imprescindibile. Sono sempre stato attento e ligio alle regole sul fronte della sicurezza, quindi posso dire di non aver riscontrato un incremento di investimenti. Su questo tema non si scherza. Ma c’era anche chi faceva il “furbetto” e questo,. in un ottica di sistema è un altro passaggio ineludibile».
È sempre stato considerato un mondo borderline quello della notte. Una zona franca. Un vaso di Pandora che di colpo ha perso il coperchio, ed è venuto fuori di tutto. Ora niente viene più fatto passare. Ne sa qualcosa il Mood Club (ex Naif, da Baldì). «Noi siamo ancora in attesa di una certificazione che ci consenta di riaprire – fa sapere il gestore, Aryan Moanddab – la proprietà dell’immobile deve provvedere al collaudo statico in caso di eventi sismici. Senza quel certificato non si riapre. Per il resto ci siamo. Quindi torniamo presto». Eppure quel locale ha lavorato per anni. Possibile che nessuno abbia mai richiesto quella certificazione? «Prima non me ne occupavo io – spiega il nuovo gestore - ma di certo c’era un enorme permissivismo. Purtroppo si sono verificati due estremi: prima zero controlli, oggi quasi non si riesce a lavorare. Ben vengano i controlli, ma basta che siano fatti in maniera costruttiva e non repressiva». A questo punto avevamo sentito anche il gestore del Rio Club (ex Sui, a Marinadorica) Cristiano Ferri che ha avviato una stretta sulla questione anagrafica. Niente minorenni di notte ma per loro uno spazio a tema, la domenica pomeriggio, come si faceva una volta. Se non che la tragica vicenda di una hostess di un maxiyacht (caduta in acqua e annegata perché era ubriaca) ha fatto sì che il questore di Ancona chiudesse il Rio per 20 giorni. «Hanno servito alcolici a una persona già alterata» c’è il sunto del pensiero della questura. «Non l’avremmo fatta entrare se era ubriaca» hanno replicato da Marina Dorica. La sintesi? Giù la serranda.

 

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