«Devo fare il pieno al taxi». Ecco come il tassista dell’aggressore di Pescara lo ha distratto e fatto arrestare dalla polizia a Mondolfo

Dopo avere sparato ad un cuoco ha chiamato l’autista per fuggire in Svizzera. Inseguimento durato 9 ore

«Devo fare il pieno al taxi». Ecco come il tassista dell’aggressore di Pescara lo ha distratto e fatto arrestare dalla polizia a Mondolfo
di Gianluca Murgia
5 Minuti di Lettura
Martedì 12 Aprile 2022, 03:10 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 08:22

MONDOLFO - Il tassista, dopo essere sceso dall’auto con la scusa di fare rifornimento, si è diretto verso l’autogrill e, una volta raggiunto il bancone del bar, ha ordinato un semplice caffè. Erano le 22.50, la situazione avrebbe richiesto qualcosa di più forte: si era appena lasciato alle spalle, in tutti i sensi, l’uomo che a pranzo aveva scaricato cinque colpi di pistola contro un cuoco dominicano a Pescara, solo perché gli arrosticini ordinati tardavano ad arrivare. «Federico Pecorale mi aveva chiesto di portarlo in Svizzera. Il costo del viaggio, aveva detto, non era un problema» ha spiegato il tassista.

Il trinciaerba finisce contro un albero e lo travolge: muore a 70 anni mentre lavora nei campi

La folle fuga è stata fermata dalla Squadra Mobile di Pescara, nell’area Metauro Est, dopo una rincorsa di 9 ore. È stata un’operazione di smartworking estremo: la famiglia del fuggitivo, Federico Pecorale, 29 anni, origini abruzzesi ma residente in Svizzera, ha indicato alla polizia il tassista che, all’oscuro di tutto, lo aveva portato via. L’autista è stato così contattato, istruito e teleguidato dagli agenti, con 4-5 telefonate strategiche, verso l’autogrill Metauro Est di Mondolfo. Un’operazione durata alcune ore per assicurarsi che Pecorale non intuisse nulla e che la situazione non degenerasse. Il tassista, con l’imperscrutabilità di un consumato giocatore di poker, ha eseguito ogni mossa alla perfezione. 

Operazione congiunta
È stata un’operazione congiunta e concordata che ha visto partecipare anche la polizia autostradale di Abruzzo e Marche più gli agenti delle questure di Fermo, Ancona e Pesaro. Un intervento in massa dopo 9 ore di inseguimento «in cui per due volte il fuggitivo è stato mancato per pochissimo» ha spiegato il capo della Squadra Mobile di Pescara, Gianluca Di Frischia. Pecorale è stato individuato due ore dopo la sparatoria ma, determinante, è stata la figura del “tassista senza nome”, che oggi sarà palesato e premiato per il coraggio avuto dalla questura di Pescara. Una fuga infinita: dalle 14.10 alle 22.50, da Pescara a Mondolfo, da Casa Rustì ristobar di piazza Salotto, cuore nel cuore della città di D’Annunzio, all’area di rifornimento Foglia Est dell’Autostrada A14, nel territorio di Mondolfo, dove le forze dell’ordine avevano pianificato di bloccarlo. L’uomo è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio, in una sua valigia è stata rinvenuta una pistola semiautomatica carica. Potrebbe essere la stessa con cui ha sparato al cuoco dominicano Yelfry Rosado Guzman, 23 anni, padre di un bimbo di due anni, e che ora dopo due operazioni chirurgiche, lotta tra la vita e la morte nel reparto di Rianimazione di Pescara. Una escalation di follia ripresa dalle telecamere di sicurezza del locale. 

Nessuna resistenza
«La pistola non l’ho vista» ha risposto il tassista ai poliziotti che nel frattempo avevano portato Pecorale nei bagni dell’autogrill. Nel momento in cui lo hanno arrestato non solo non ha posto resistenza ma è parso non dare valore a quanto accaduto: ha attraversato con la sua stazza massiccia il piazzale con il cappuccio in testa. Presenti al momento solo il benzinaio di turno («Mai vista una cosa del genere»), il barista e qualche camionista. La ricostruzione temporale della fuga, dallo sparo all’autogrill, ha ancora diversi buchi neri ma, secondo gli inquirenti, sarebbe stata portata avanti con lucidità. L’uomo, dopo l’aggressione, si è infatti recato subito in albergo a Pescara per prendere la valigia e poi si è diretto a sud, a Gissi, provincia di Chieti, paese dei nonni materni. Con che mezzo, non si sa ancora. Solo lì, probabilmente, è entrato in scena il tassista senza nome. Una sua vecchia conoscenza, di cui si fidava. Pecorale era senza auto e tra i due c’era già un accordo per farsi portare in giro. Per questo il tassista non ha chiesto, come avviene nei casi di lunghissime tratte, delle rassicurazioni economiche. Si fidava. La polizia, in questo lasso di tempo, aveva già individuato l’albergo dove l’uomo alloggiava dal 5 aprile scorso. Nei piani sarebbe dovuto ripartire domenica 10. Poi, il cambio di programmi con la proroga comunicata fino al 16 aprile. Per i gestori della struttura Pecorale è sempre «stato tranquillo e taciturno». Nessun segnale di ordinaria follia che, per definizione, si scatena però quando meno te l’aspetti. Quando i parenti, contattati dalla polizia, hanno indicato il taxi come possibile mezzo di fuga il cerchio si è stretto quando era già in transito nel Teramano all’interno dell’A14. Da qui, le prime telefonate al tassista che, pesando ogni parola, ogni respiro, come in un film, è stato informato della pericolosità del cliente che aveva, dietro di sé, a bordo. Per non destare sospetti o scatenare un’altra reazione scomposta non è stato messo in volo l’elicottero della polizia. Le operazioni sono avvenute con diverse auto, anche senza i colori, a distanza. «Fermati nell’area Metauro Est con la scusa di fare benzina, poi scendi per andare a pagare e allontanati». E così è stato: pochi passi prima di quel meritato caffè, alle spalle del tassista, si è scatenato il blitz della polizia con almeno sei auto a circondare il taxi bianco e decine di agenti pronti a bloccare ogni via di fuga. Non c’è stato bisogno. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA