SENIGALLIA - Un’altra giornata di terrore. Non solo per la pioggia, ma anche per le fortissime raffiche di vento fino a tempesta. Il secondo round di maltempo ha fatto tremare Senigallia, ma non l’ha piegata definitivamente. L’allarme è scattato ieri mattina, poco dopo le 12, quando i mezzi della polizia locale hanno iniziato a girare per le strade con i megafoni: «Salire ai piani alti e non uscire, tutte le attività commerciali dell’area alluvionata devono chiudere e consentire riparo ai piani alti».
Città blindata
Senigallia è ripiombata nella paura.
Alcune abitazioni sono ancora isolate, sommerse dall’acqua, che non riesce a defluire. Situazioni critiche sono state riscontrate sulla Corinaldese, in località Brugnetto e Molino Marazzana. Alcune famiglie sono recluse ai piani alti, impossibilitate a scendere. «Faremo la conta dei danni appena sarà possibile - dice il sindaco Massimo Olivetti - ora stiamo cercando di reperire quanti più uomini, mezzi e strumenti di pulizia possibili. Per aiutarci sono in arrivo 180 operatori della Protezione Civile dell’Abruzzo».
La solidarietà
Al lavoro non stop anche nella giornata di ieri gli operatori della Caritas di Senigallia, coordinatori del centro di prima accoglienza all’allestito al Seminario Vescovile di via Mercantini, a pochi passi dall’ospedale. Qui a partire da giovedì sono arrivati più di cento sfollati: anziani, coppie, intere famiglie costrette a lasciare le loro abitazioni per l’alluvione, senza la possibilità di portarsi nulla dietro. «Sono qui con mio marito - dice Simona Carotti - perchè la nostra casa, in via Verdi, è inagibile. L’alluvione ci ha sorpresi: nel giro di pochi minuti siamo stati invasi dall’acqua, i mobili hanno iniziato a galleggiare, il letto è stato sommerso e i telefonini sono caduti. Abbiamo resistito la notte e una parte della mattina a mollo nell’acqua, in piedi. Sono passati, poi, due ragazzi a soccorrerci e sono arrivati i vigili del fuoco che ci hanno portato qui. Poteva finire in tragedia, ma ora siamo qui, per fortuna salvi».
Alfredo Cicchetti, che abita in via Misa, è scappato con la moglie prima che l’acqua giovedì sera travolgesse la sua abitazione: «È stata mia moglie ad insistere, mi diceva: “guarda che questa non è come le altre volte, andiamo via”. Siamo fuggiti in collina e da lì ho visto la città trasformarsi in fiume. Ieri (venerdì, ndr) sono tornato a casa: tutto distrutto, non c’è più niente. I danni sono inestimabili, ci sono rimasti solo i muri. Per fortuna, ad aiutarmi sono a arrivati i miei familiari, da Fabriano, Reggio Emilia e San Severo. Certo, ci aspettavamo un’occasione migliore per ritrovarci. Posso solo dire che siamo stati fortunati, considerando che ci sono state persone che non ce l’hanno fatta».