Vento da paura, 4 ore in apnea a Senigallia. Megafoni, indicazioni e la paura che si mescola con il fango

Vento da paura, 4 ore in apnea a Senigallia. Megafoni, indicazioni e la paura che si mescola con il fango
Vento da paura, 4 ore in apnea a Senigallia. Megafoni, indicazioni e la paura che si mescola con il fango
di Federica Serfilippi
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Domenica 18 Settembre 2022, 03:45

SENIGALLIA - Un’altra giornata di terrore. Non solo per la pioggia, ma anche per le fortissime raffiche di vento fino a tempesta. Il secondo round di maltempo ha fatto tremare Senigallia, ma non l’ha piegata definitivamente. L’allarme è scattato ieri mattina, poco dopo le 12, quando i mezzi della polizia locale hanno iniziato a girare per le strade con i megafoni: «Salire ai piani alti e non uscire, tutte le attività commerciali dell’area alluvionata devono chiudere e consentire riparo ai piani alti». 

 
Città blindata
Senigallia è ripiombata nella paura.

Le vie attorno al Misa sono state chiuse, chi era per strada è corso a casa, i negozi - quei pochi che avevano provato a riaprire dopo aver fatto la conta dei danni - hanno chiuso. Una città blindata per almeno quattro ore. È stato diramato dal sindaco Olivetti il divieto di uscire, sia a piedi che in auto, per tutta la durata del maltempo. Osservato speciale, il Misa, che per fortuna ieri è rimasto sotto il livello di allerta. Ha fatto preoccupare però la rottura di un metro e mezzo riscontrata sull’argine destro, all’altezza del quartiere di Borgo Molino, già inondato due giorni fa. È in programma quanto prima l’intervento di riparazione. Il maltempo di ieri ha messo a dura prova gli interventi di pulizia di cantine, case e garage, ancora allagati. Le strade sono state riempite di detriti, rami di alberi, bidoni dei rifiuti rovesciati e il fango ha iniziato di nuovo a formarsi. Fuori dalle abitazioni alluvionate, uno scenario desolante, con in cumuli di mobili, suppellettili e oggetti pieni di fango, ormai inutilizzabili. Attorno alle 16 la situazione è pian piano migliorata.

Alcune abitazioni sono ancora isolate, sommerse dall’acqua, che non riesce a defluire. Situazioni critiche sono state riscontrate sulla Corinaldese, in località Brugnetto e Molino Marazzana. Alcune famiglie sono recluse ai piani alti, impossibilitate a scendere. «Faremo la conta dei danni appena sarà possibile - dice il sindaco Massimo Olivetti - ora stiamo cercando di reperire quanti più uomini, mezzi e strumenti di pulizia possibili. Per aiutarci sono in arrivo 180 operatori della Protezione Civile dell’Abruzzo». 


La solidarietà
Al lavoro non stop anche nella giornata di ieri gli operatori della Caritas di Senigallia, coordinatori del centro di prima accoglienza all’allestito al Seminario Vescovile di via Mercantini, a pochi passi dall’ospedale. Qui a partire da giovedì sono arrivati più di cento sfollati: anziani, coppie, intere famiglie costrette a lasciare le loro abitazioni per l’alluvione, senza la possibilità di portarsi nulla dietro. «Sono qui con mio marito - dice Simona Carotti - perchè la nostra casa, in via Verdi, è inagibile. L’alluvione ci ha sorpresi: nel giro di pochi minuti siamo stati invasi dall’acqua, i mobili hanno iniziato a galleggiare, il letto è stato sommerso e i telefonini sono caduti. Abbiamo resistito la notte e una parte della mattina a mollo nell’acqua, in piedi. Sono passati, poi, due ragazzi a soccorrerci e sono arrivati i vigili del fuoco che ci hanno portato qui. Poteva finire in tragedia, ma ora siamo qui, per fortuna salvi». 


Alfredo Cicchetti, che abita in via Misa, è scappato con la moglie prima che l’acqua giovedì sera travolgesse la sua abitazione: «È stata mia moglie ad insistere, mi diceva: “guarda che questa non è come le altre volte, andiamo via”. Siamo fuggiti in collina e da lì ho visto la città trasformarsi in fiume. Ieri (venerdì, ndr) sono tornato a casa: tutto distrutto, non c’è più niente. I danni sono inestimabili, ci sono rimasti solo i muri. Per fortuna, ad aiutarmi sono a arrivati i miei familiari, da Fabriano, Reggio Emilia e San Severo. Certo, ci aspettavamo un’occasione migliore per ritrovarci. Posso solo dire che siamo stati fortunati, considerando che ci sono state persone che non ce l’hanno fatta».

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