Scuola senza voti, coro di sì: a Pesaro il primo istituto superiore delle Marche ad avviare la sperimentazione

Spariscono i numeri da 1 a 10, subentra la valutazione. D’accordo presidi e pedagogisti

Scuola senza voti, coro di sì: a Pesaro il primo istituto superiore delle Marche ad avviare la sperimentazione
Scuola senza voti, coro di sì: a Pesaro il primo istituto superiore delle Marche ad avviare la sperimentazione
di Antonio Pio Guerra
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Lunedì 8 Maggio 2023, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 15:18

ANCONA Li ricordate i temutissimi voti a penna rossa sul registro? Presto potrebbero sparire. Molti istituti italiani stanno infatti sperimentando la cosiddetta “scuola senza voti”, un rivoluzionario ed innovativo paradigma d’insegnamento. Nelle Marche il primo istituto superiore a percorrere questa strada sarà il Cecchi di Pesaro Urbino, che da settembre 2023 avvierà un percorso senza voti per il biennio dell’Agrario. «Si tratta di una metodologia ispirata ai paesi del Nord Europa» dice Riccardo Rossini, dirigente dell’Istituto e presidente regionale dell’Associazione nazionale presidi. 


Come funziona


Ma di cosa si tratta, nel concreto? Il nome può trarre in inganno. Più che di scuola senza voti sarebbe infatti opportuno parlare di «valutazione per l’apprendimento», come spiega la preside Alessandra Rucci, che dirige il liceo Galilei di Ancona: «Significa dare al posto dei voti delle valutazioni descrittive che servono a far capire allo studente cosa e dove ha sbagliato». Al posto del classico numero da uno a dieci, dunque, c’è un feedback che consente al ragazzo di capire i suoi errori. Per capire i vantaggi di questo sistema, però, è necessario prima scoprire gli svantaggi di quello attualmente utilizzato. «Se cominci ad andare male, poi subentra la sensazione di insuccesso e la frustrazione» ricorda Rossini. 


I risvolti positivi


Che aggiunge: «la sfiducia in se stesso porta poi lo studente a smettere di studiare» ed in un paese con tassi d’abbandono non tra i più bassi d’Europa, questo è un grosso problema. «A chi piace prendere tutti voti negativi e sentirsi un tre?» si chiede il preside del Cecchi. Della sofferenza dei ragazzi parla la professoressa Lorella Giannandrea, che insegna Didattica generale all’Università degli Studi di Macerata. «Il voto genera ansia e competizione» dice. «L’attuale sistema valutativo sposta il focus dello studente e lo fa concentrare prevalentemente sul voto, convincendolo che l’importante è prendere otto o nove, anche se quel voto è frutto di brogli». «Si riduce la scuola al voto, che in realtà ne è una minima parte.

La scuola deve insegnare l’amore per l’apprendimento» aggiunge Valentina Bellini, preside del comprensivo D’Azeglio di Ascoli Piceno. Di contro, «la valutazione per apprendere serve a migliorare e non a classificare o punire» ricorda la docente maceratese. Ormai è chiaro: tra gli addetti ai lavori, una buona parte si dimostra favorevole al nuovo che avanza. Non tutti: «I miei docenti si sono divisi tra gli entusiasti, i diffidenti e gli attendisti» rivela Rossini. «Su 200 docenti del mio collegio, 180 hanno votato a favore» dice svelando i numeri. E i ragazzi? «Si sono dimostrati molto responsabili» continua, spiegando che hanno voluto mettere in risalto il fatto che il loro atteggiamento non è quello di chi non ha voglia di studia ma quello di chi non sa per cosa sta studiando. Che per un istituto tecnico, votato alla praticità, è un grosso problema. «Io sono molto favorevole» si esprime senza mezze misure Rucci. 


I pareri


«Bisogna creare una cultura corretta della valutazione, far capire che un voto negativo non è una sentenza di morte ma vuol dire semplicemente che qualcosa non ha funzionato» argomenta Giannandrea circa il suo parere positivo alla valutazione per l’apprendimento. Di certo, a cambiare non sarà soltanto la scritta a penna rossa sul compito in classe. «È un modo diverso di fare scuola che si adatta a questa generazione. Noi abbiamo un sistema scolastico fermo a 30 anni fa» sostiene Rossini. E a chi sostiene che questo sia soltanto l’ennesimo tentativo di circondare i giovanissimi con una pericolosa campana di vetro che poi renderà difficile il loro passaggio al mondo del lavoro, Bellini risponde: «la scuola deve preparare al mondo, non al mondo del lavoro, deve insegnare a dare il meglio di sé, imparare ad imparare». Quindi, proporrebbe la scuola senza voti ai suoi colleghi? «Perché no? Ma preparandola bene».

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