Arriva RicovAl-19, la medicina dalle corsie al territorio. Mazzanti: «Con l’intelligenza artificiale gli ospedali non più al collasso»

Marco Mazzanti
Marco Mazzanti
di Maria Cristina Benedetti
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Giovedì 8 Aprile 2021, 03:45 - Ultimo aggiornamento: 16:27

ANCONA - Torna da Londra nella sua Ancona per cambiare il paradigma. Per far parlare l’ospedale con il territorio. Marco Mazzanti, cardiologo al Barts Heart Centre e pioniere dell’intelligenza artificiale, va in controtendenza rispetto alla fuga di cervelli. Ha messo insieme l’emergenza-Covid, il presidio regionale di Torrette e le potenziali 2.039 anime che popolano Offagna per «creare qualcosa che non esiste».

Si scrive RicovAI-19, si alimenta di futuro e si traduce facilmente: «C’è il paziente che, armato di smartphone, tablet o pc e di una scatoletta preziosa, acquisisce le sue informazioni cliniche».

Il medico di famiglia e l’ospedale sono in linea. Sempre. L’effetto è duplice: «Il primo filtra le possibili criticità, senza disperdere energie; il secondo non rischia il collasso». E oggi, alle 11,30, all’Auditorium Totti degli Ospedali Riuniti, il dottor Mazzanti, da direttore scientifico del progetto, tramuta in immagini questo studio di fattibilità tarato sul Coronavirus. «L’autobus sul quale viaggiano le informazioni è una piattaforma di gestione». Ed è in quel flusso che prepara l’entrata in scena della sua passione, l’intelligenza artificiale. «È il meccanismo che consente di trattare i dati».


I parametri 
Torna alla rappresentazione figurata: «Come il cervello di un neonato, va addestrato. A mano a mano che giungono indicazioni, impara a riconoscerle e arriva allo strato più profondo fino a farne big data. A quel punto il filtro, ovvero il medico di base, non sarà più necessario». Passa alle coordinate pratiche per fare di una teoria un’azione. «Delle 2.039 anime di Offagna, almeno 600 dovranno misurarsi 67 parametri, dalle due alle otto volte al dì per venti giorni, con un device multiparametrico dedicato, la preziosa scatoletta». Tecnologia e salute procedono in parallelo lungo questo cammino sperimentale che andrà avanti per sei mesi e che è un piccolo universo di collaborazione pubblico-privato e territorio-ospedale. Con la romana Almawave, che fornisce il software, e l’Università Politecnica che dà sostegno e competenze. Mazzanti ne indica il traguardo: «Un numero. L’indicatore di stabilità clinica, che consente di conoscere le condizioni del paziente». Solo un numero, ripete: «È compreso tra 0 e 10. Il campanello d’allarme scatterà quando si scivolerà sui numeri più bassi. E viceversa». Insiste nel dire: «Camici bianchi e ospedale sono sempre in ascolto e Aldo Salvi, primario del pronto soccorso, è il coordinatore principe». Il terminale in corsia, per una classificazione rapida del rischio. Dilata ancor più l’orizzonte: «Entro un anno il sistema dovrebbe entrare a regime. Perché l’ospedale del futuro sarà la casa, con il ricovero che diventerà inevitabile solo in caso di acuzie o di interventi chirurgici. La medicina sarà di precisione, sartoriale». 


Il convegno
Sarà allora che la diagnosi, la determinazione della natura di una malattia in base alla valutazione dei sintomi, cederà sempre più il passo alla prognosi: la previsione sul decorso e soprattutto sull’esito di un determinato quadro clinico. Con i reparti che non saranno più al collasso come durante questa estenuante pandemia. E se oggi all’Auditorium Totti si parlerà di “Intelligenza Artificiale al tempo del Covid: il futuro è adesso. Il modello marchigiano, la nuova visione della Sanità”, domani saranno coinvolte pure oncologia e cardiologia. Per cambiare il paradigma. E far parlare ancora l’ospedale con il territorio.

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