ANCONA «Perdere il potere, conservare la forza»: quello che Adenauer disse a Kissinger, che l’ha ripetuto, nei giorni scorsi, a Draghi, calza a pennello su Romano Prodi. Lo ha dimostrato all’incontro di ieri all’Auditorium della Mole di Ancona, che ha aperto il Festival della Storia. Il suo intervento seguiva il dibattito sui conflitti nell’amministrazione pubblica, tra la sindaco Valeria Mancinelli e l’assessore Ida Simonella. E senza saperlo, il Professore, ha fatto eco a un’affermazione della prima cittadina, secondo cui «il potere è necessario per prendere decisioni, anche difficili, utili alla comunità».
«Democrazia non significa – ha ribadito Romano Prodi – non decidere: infatti entra in crisi quando ci si limita a prendere atto delle situazioni, e si esita prima di deliberare, si rinuncia a essere operativi». E quando, come è successo di recente in Italia, i partiti perdono identità, e «si lasciano orientare dall’opinione pubblica, dalla “pancia” e dalla ricerca di consenso, che è volatile, mutevole».
Sala completamente esaurita
Davanti a una sala sold out e a un parterre di esponenti e candidati del Pd, Prodi ha trattato molti temi, di politica internazionale e interna, sollecitato dalle domande di Marco Ascione, il caporedattore della redazione politica del Corriere della Sera, che ha scritto con lui il libro “Strana vita, la mia” (Ed. Solferino). Da i pro e i contro del presidenzialismo, al nodo dell’aggressione di Putin all’Ucraina, dal ruolo della Cina e degli Usa negli equilibri internazionali alla posizione dell’Italia in Europa. «Senza Italia non c’è Europa: la frase, che mi disse un giorno Chirac, deve restare un motto». I rapporti con l’Est europeo e l’Ungheria: «I paesi dell’est devono restare in Europa, ma devono accettare senza tentennamenti di collaborare in armonia».
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