Rigopiano, l’ira dei familiari: «Uccisi una seconda volta». L'aula è un caos dopo la sentenza

Rigopiano, l’ira dei familiari straziati: «Uccisi una seconda volta». L'aula è un caos dopo la sentenza
Rigopiano, l’ira dei familiari straziati: «Uccisi una seconda volta». L'aula è un caos dopo la sentenza
di Giulia Sancricca
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Venerdì 24 Febbraio 2023, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 15:07

MACERATA Quando una tragedia come quella di Rigopiano ti toglie tutto, non resta che aggrapparsi alla giustizia. Ieri, i familiari delle 29 vittime uccise dalla valanga hanno atteso con tanta fiducia la sentenza di primo grado che potesse lenire le loro ferite, seppur non riportando indietro i loro cari. Ma sono rimasti delusi. 


La delusione

Una delusione che è esplosa in aula dopo la lettura della sentenza nel Tribunale di Pescara: alcuni dei familiari hanno applaudito sarcasticamente il giudice, per poi gridargli contro «Ti devi vergognare, è uno schifo, questa non è giustizia».

Una delusione che ha coinvolto anche gli abitanti di quella terra rimasta profondamente ferita da quanto accaduto nel 2017. Quando raggiungiamo al telefono Gianluca Tanda, fratello di Marco - il pilota d’aereo 25enne, di Gagliole, nel Maceratese, ritrovato una settimana dopo la valanga, accanto alla fidanzata abruzzese Jessica Tinari - è appena entrato in una tabaccheria. Il commerciante lo riconosce e non può fare a meno di commentare con tanta tristezza la sentenza. «Ecco - dice Tanda - la nostra reazione è quella di un Paese intero perché questa sentenza dice che chi amministra può fare ciò che vuole. C’è crollato il mondo addosso. Non so ora come ci muoveremo (Tanda è anche presidente del comitato dei famigliari delle vittime, ndr). Ora dobbiamo leccarci le ferite». A morire nella valanga anche un altro maceratese, Emanuele Bonifazi di Pioraco, receptionist 31enne del Rigopiano. La mamma, Paola Ferretti, non riesce a trattenere la rabbia. «Peggio di così non poteva andare - commenta - li hanno ammazzati per la seconda volta. Ma questa è solo la prima battaglia, avremo modo di dimostrare le nostre ragioni. Eravamo fiduciosi, mi aspettavo qualche riduzione di pena, qualche altra assoluzione, ma non così. Sono esterrefatta, delusa. Sono stati sei anni di strazio, di stillicidio in questo tribunale, per poi uscire così. Non eravamo preparati a questo. Io ancora non so perché e in che modo è morto mio figlio». 

Il messaggio

Ma a deludere di più la mamma di Emanuele è «il pessimo messaggio lanciato a tutta Italia: quelle morti potevano dimostrare che in un Paese civile si è in grado di punire chi sbaglia, chi non previene, chi non tutela la vita degli essere umani». Il suo legale, Alessandro Casoni, attende le motivazioni tra 90 giorni. «Avevamo messo in conto tutto, ipotizzavamo che ci sarebbero state alcune assoluzioni, ma non ne potevamo determinare il numero. Ogni commento va fatto dopo averle lette. La Procura, che aveva prodotto 15mila pagine di atti, è stata totalmente contraddetta sulla stragrande maggioranza delle ipotesi accusatorie, è chiaro che dovrà studiare la motivazione per valutare un appello». 

Il dolore

Non riesce a commentare Fulvio Vagnarelli, il fratello di Marco, tra le prime vittime estratte dalle rovine dell’hotel. Il 44enne di Castignano, in provincia di Ascoli, operaio Whirlpool, era in vacanza con la fidanzata Paola Tomassini, residente a Pedaso, dipendente dell’autogrill di Campofilone Est sull’A14, morta anche lei. «Non ho parole» dice Vagnarelli. Al suo posto interviene l’avvocato Rosanna Polini. «Una sentenza inaspettata per alcuni punti - ammette -: ci aspettavamo assoluzioni, ma non così. Aspettiamo la motivazione per capire il ragionamento logico fatto dal giudice per poi tirare conclusioni più corrette». Troppa la rabbia, al momento, per curarsi del risvolto civilistico delle tre pagine del dispositivo: soltanto le provvisionali a favore delle parti civili a carico dei cinque imputati assommano ad alcune centinaia di migliaia di euro.

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