Rifiuti, l'indagine della Dda: «Smaltite illecitamente più di 1.700 tonnellate di rifiuti pericolosi, anche scarti radioattivi nella discarica Geta»

La discarica della Geta nel Piceno
La discarica della Geta nel Piceno
di Mario Paci
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Domenica 20 Marzo 2022, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 07:58

ANCONA - Emergono scenari inquietanti nell’inchiesta che la Procura della Repubblica di Ancona (direzione distrettuale antimafia) ha condotto sul traffico illecito di rifiuti presso la discarica Geta ad Ascoli in sette anni (2013-2020). Inchiesta nella quale, a vario titolo (dalla corruzione, al disastro ambientale, al favoreggiamento), sono indagate 22 persone fra titolari e tecnici della Geta, politici e appartenenti alle forze dell’ordine. Un traffico illecito di rifiuti, che, secondo l’accusa, in sette anni avrebbe permesso alla Geta di incassare quattro milioni e 350mila euro, a danno dell’ambiente intorno alla discarica di Alto Bretta.

Il disastro ambientale
I carabinieri, a seguito di intercettazioni, filmati e documenti fotografici, sarebbero venuti a capo di un imponente traffico di rifiuti pericolosi (purtroppo anche radioattivi) provenienti soprattutto da città del Nord Italia (Brescia, Piacenza, Reggio Emilia) dove non si sarebbe tenuto conto delle più elementari prescrizioni ambientali, anche grazie alla presunta compiacenza di qualcuno che avrebbe dovuto vigilare.

Una montagna di rifiuti, più di 1.700 tonnellate, che finivano in discarica.

La Procura contesta l’alterazione dei registri e l’assenza totale di controllo visivo dei rifiuti che venivano scaricati in discarica così come la presunta grave mancanza di un esame di radioattività anche mobile considerato che l’impianto fisso non sarebbe mai entrato in funzione.

Con immagini fotografiche i carabinieri hanno documentato che le operazioni di smaltimento sarebbero avvenute in autonomia dai conducenti dei camion senza alcun tipo di controllo. Lo smaltimento dei rifiuti urbani con cattivo odore, secondo gli inquirenti, era dovuto alla cattiva gestione dell’impianto di provenienza .


I buchi
Secondo la Procura, inoltre, gli addetti della discarica avrebbero praticato dei buchi all’interno della discarica facendosi largo fra i rifiuti precedentemente abbancati allo scopo di creare spazio per altri i quali appena sversati sarebbero stati subito ricoperti e quindi occultati. Contestate anche le operazioni di pulizia del sito: il percolato, con un getto d’acqua, sarebbe stato convogliato nelle griglie di scarico senza alcuna depurazione.


La difesa
Accuse pesantissime che la famiglia Brandimarte rigetta in toto e dichiara la sua disponibilità a effettuare carotaggi per dimostrare che non esiste alcun pericolo sui rifiuti e che il rischio radioattività non esiste. «La Geta dimostrerà la sua innocenza cosi come lo faranno i suoi dipendenti da tali accuse infondate e diffamatorie» afferma Ivan Brandimarte tramite l’avvocato Mauro Gionni. Il giudice per le indagini preliminari, prima, e il tribunale del Riesame di Ancona, poi, circa un anno fa, avevano respinto la richiesta di misure più severe per loro.

«Tale prosecuzione dell’inchiesta e dopo oltre un anno lascia dubbi e perplessità. Nessun favore è stato ricevuto dalla politica - ribadisce la Geta - Nessuna sponsorizzazione è stata fatta per scopi diversi da quelli di liberalità. La Geta ha sempre sostenuto molte società sportive che fanno fare sport ai giovani, con sponsorizzazioni pubblicitarie. Queste riguardano attività sportive, amatoriali, corse ed altro che sono il seguito di una strategia filantropica, iniziata dal fondatore della società, Ivo Brandimarte, e proseguita dai suoi successori» .

I titolari della Geta sottolineano che da tempo hanno sottoscritto una polizza di responsabilità civile per danni da inquinamento per circa due milioni di euro. «Ebbene, come è ovvio, anche i tecnici della compagnia dopo quello iniziale ,al momento della stipula, fanno controlli periodici con estrema precisione poiché è nel loro interesse (quello di non dover poi risarcire) che tutto funzioni per il meglio» .

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