ANCONA - La Regione ci ha investito 800mila euro, c’è anche un numero verde da chiamare (800.366.811) e 58 associazioni delle Marche pronte a sostenere chi ha bisogno di una mano con 800 sedi in tutto il territorio. Il progetto di chiama Facciamo Rete e resterà attivo fino al mese di agosto. Così il Terzo Settore scende in campo lavorando insieme per contrastare gli effetti di esclusione sociale, precarizzazione e marginalizzazione della comunità, acutizzati dalla pandemia. Come? Mettendo a disposizione della comunità un’ampia gamma di servizi di assistenza destinati ad anziani, persone in condizione di povertà e disagio, giovani e studenti, minori e famiglie, persone con disabilità e altre categorie in difficoltà.
Le modalità
Basta chiamare il numero verde (dalle 9 alle 18 esclusi i festivi) per attivare il servizio di cui si ha bisogno: il personale di Anpas Marche, capofila del progetto e appositamente formato, offre agli utenti una prima risposta indirizzandoli verso le diverse organizzazioni della rete, in base ai bisogni espressi e ai servizi sui territori. Servizi di sostegno suddivisi in tre macroaree d’intervento. C’è la parte che si occupa del contrasto alla povertà per dare risposte concrete ai bisogni primari di persone senza dimora. «Si tratta solidarietà alimentare e altre forme di sostegno a situazioni di indigenza - si legge nel comunicato - azioni volte all’assistenza sociale e al sostegno psicologico a persone in condizioni di esclusione sociale ma anche orientamento e re-inserimento al lavoro».
I settori
Senza escludere il supporto alle persone con disabilità e alle loro famiglie nel contrasto alla povertà educativa e a problematiche di apprendimento scolastico, di mancanza di strumenti e risorse per le attività ludico-ricreative, di limitato esercizio fisico. Previsto anche un intervento per la riduzione del gap digitale, con azioni formative o consulenze, per aiutare chi non ha dimestichezza con le nuove tecnologie e i servizi digitali. «Le azioni intendono sostenere le associazioni, anche quelle più piccole, meno strutturate, nelle aree interne per riattivare attività ricreative, ludico sportive e formative, sperimentare percorsi di formazione nell’ambito del welfare e promuovere anche la riattivazione di attività culturali».
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