I vertici della sanità tutti confermati: tranne Marini. Ceriscioli esclude il dg indagato

L'ex dg dell'Asur Alessandro Marini
L'ex dg dell'Asur Alessandro Marini
di Andrea Taffi
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Martedì 19 Novembre 2019, 11:10 - Ultimo aggiornamento: 11:12

ANCONA - Quattro mesi per riflettere e per offrire un ragionevole tempo di garantismo reale (e non di facciata) sul caso dell’inchiesta per corruzione esplosa a luglio sul maxi appalto della sanità da 200 milioni di euro. Poi la decisione che si ventilava da tempo: il governatore Luca Ceriscioli ha escluso Alessandro Marini, il d.g. indagato della Asur, dal recinto delle conferme che vede restare ai posti di comando Michele Caporossi (Ospedali riuniti di Ancona), Maria Capalbo (Marche nord) e Gianni Genga (Inrca). Il poker dei tecnici più potenti della sanità regionale sarà integrato da Nadia Storti che da direttrice sanitaria della Asur viene promossa direttore generale. Per tutti contratto di altri tre anni che potrà arrivare a un massimo di cinque. 

 

La fine del travaglio
Ieri mattina, quindi, al settimo piano di palazzo Raffaello si è chiuso il sipario sulla delicata riflessione che Ceriscioli aveva aperto a metà dello scorso luglio quando l’indagine della Procura di Ancona condotta dalla Guardia di finanza aveva aperto uno spaccato inquietante sulla presunta attività parallela in corso per influenzare l’aggiudicazione di alcuni corposi appalti dei servizi sanitari. 

I decreti di perquisizione
I decreti di perquisizione (più il sequestro di pc e cellulari) avevano interessato Marini, due dei presunti faccendieri (l’imprenditore Norberto Pesarini e il politico Fabio Badiali) e una funzionaria Asur, Fulvia Dini. Non è bastato a Marini rigettare gli addebiti e mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria per chiarire la sua posizione. O meglio: è bastato fino a un certo punto a Ceriscioli che da una parte non voleva prendere decisioni di pancia che richiamassero possibili giudizi sommari politici ma dall’altra voleva capire di più e meglio il merito dell’indagine. L’indagine, tuttavia, da allora non ha conosciuto altri sviluppi pubblici. Al di là del mancato ricorso al Riesame dei quattro indagati oggetto di sequestri, è ancora tutto in mano al sostituto procuratore Andrea Laurino e al colonnello Guglielmo Sanicola, comandante del nucleo di polizia economico finanziaria del Comando provinciale di Ancona. Per questo nelle scorse settimane, sperando in chiarimenti dell’ultim’ora, Ceriscioli aveva già avviato l’iter delle procedure per le decisioni condivise di due delle quattro aziende sanitarie regionali. Nello specifico: per l’Inrca era necessario acquisire il parere del Ministero della Salute mentre per gli Ospedali Riuniti la nomina andava condotta d’intesa con il rettore dell’università Politecnica delle Marche. Espletati i passaggi formali non è rimasto che passare alla fase esecutiva. A margine della maggioranza di ieri sul piano socio-sanitario, Ceriscioli ha raccontato di aver ventilato la decisione a Marini una settimana fa, ratificando il tutto con uno scambio di messaggi qualche attimo prima della riunione di giunta che ieri ha partorito l’atto formale. 

La replica del manager
«Non c’è problema, sono un uomo di squadra» avrebbe risposto Marini a Ceriscioli. In attesa degli sviluppi dell’indagine, il 59enne manager senigalliese lascia la scrivania da direttore generale ma ritrova quella da direttore di struttura complessa dell’Area Vasta 2 (organizzazione sanitaria delle cure mediche all’interno del distretto di Senigallia). 

La nuova direttrice generale
Al suo posto andrà Nadia Storti, 60 anni esattamente ieri, attuale direttrice sanitaria dell’azienda unica regionale e prima ancora nella stessa posizione agli Ospedali riuniti fino a dicembre 2015. Avrà un compito durissimo: gestire un’azienda da 15 mila dipendenti da Urbino ad Ascoli nei sette mesi da corrida che separano le Marche dalle Regionali del 2020. Per molti nel partito era una svolta che andava presa da tempo insieme a un giro di valzer che avrebbe coinvolto anche la super dirigente Di Furia e altri vertici tecnici. Così, invece, diventa una coda di legittimo garantismo che però ha fatto perdere alle Marche preziosi mesi di tempo in una situazione interlocutoria.
 

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