Interporto, profondo rosso. Il salvataggio della Regione, ma pesano i debiti milionari. Ecco il super piano

Interporto, profondo rosso. Il salvataggio della Regione, ma pesano i debiti milionari. Ecco il super piano
di Martina Marinangeli
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Lunedì 17 Maggio 2021, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 08:08

ANCONA - Un debito di oltre 15milioni di euro ed un’attività che non è mai del tutto decollata. La società Interporto non naviga in acque sicure e per uscire dalla tempesta ha approntato un piano di risanamento lacrime e sangue che prevede anche un aumento di capitale da 8 milioni di euro, drenati dalle casse della Regione.

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Una cifra messa a bilancio già nella precedente legislatura e confermata dall’attuale giunta, che giovedì ha deliberato il disco verde all’operazione da portare avanti tramite la partecipata Svim. 


La strategia
Dopo Aerdorica, il salvataggio con soldi pubblici tocca ad Interporto spa, società gestore di un’altra infrastruttura ritenuta strategica e quindi da preservare ad ogni costo.

Il Piano per uscire dal guado, approvato dall’assemblea dei soci lo scorso 30 dicembre, si articola in due fasi: la prima, è quella del risanamento tout court e prevede «la rinegoziazione dei debiti, con l’offerta di un pagamento immediato a saldo e stralcio, da coprire in parte con la cessione di asset ed in parte con l’aumento del capitale sociale», viene riportato nella delibera di giunta 592. Nello specifico, la fase 1 prevede accordi con i creditori – con pagamento dei debiti nella misura e nei tempi concordati –, la sottoscrizione dell’aumento di capitale da 8 milioni, e la vendita del terminal intermodale alla Dpa srl al prezzo di 4,5 milioni di euro, importo a cui vanno decurtati i canoni ad oggi versati dalla società.

 
La road map
Va infatti ricordato che il 10 agosto 2018 Interporto spa stipulò con la Dpa scarl (ora Dpa srl) un contratto rent to buy per la gestione tecnica ed operativa del terminal intermodale, formula contrattuale che prevede il diritto della società di esercitare l’opzione di acquisto. Al termine dell’esercizio 2021, Interporto ritiene che avrà completamente estinto l’indebitamento (fatta eccezione per i debiti tributari e previdenziali da 177.370 euro, oggetto di rateizzazione) e potrà così procedere alla fase 2 del Piano, nella quale si prevede «la vendita dei diritti edificatori e costituzione; la riduzione dei costi fissi dell’infrastruttura per effetto della cessione del terminal e la realizzazione di uno di dimensioni ridotte a servizio di un’area di movimentazione e stoccaggio delle merci; la focalizzazione sull’attività di logistica intermodale; l’attivazione di servizi di trasporto destinati a territori come il Nord Italia ed il Nord Europa; l’attivazione di servizi di trasporto verso i porti del Tirreno; lo sviluppo dei servizi agli autotrasportatori». La società Interporto – che al 30 settembre presentava un patrimonio netto di appena 308.153 euro – risulta ad oggi debitrice della Regione per 3.488.016 euro.


I conti in sospeso
Tali debiti sono relativi al contributo per l’intervento di finanziamento con i fondi Por Fesr 2007/2013, e per 1,5 milioni (pari al 50% del contributo sui cosiddetti fondi “colli di bottiglia” del ministero delle Infrastrutture) per un totale di 4.988.016 euro, oltre interessi maturati al saldo. Ora si aprono di nuovo i cordoni della borsa per gli 8 milioni di aumento di capitale, che devono servire a «riequilibrare a favore di modalità eco-sostenibili ed energy saving il trasporto delle merci, che partono o arrivano nelle Marche – si legge nella delibera –, supportare la crescita di Interporto, che può contribuire a favorire la crescita e lo sviluppo dei traffici ferroviari su relazioni già esistenti e su nuove relazioni; avviare la trasformazione della piattaforma logistica delle Marche in gateway; dare spessore al disegno Ten-T». Che sia la volta buona, per la jesina “cattedrale nel deserto”, di iniziare a svolgere per davvero quelle funzioni per le quali era stata realizzata?

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