Pesca, la mannaia della Ue rischia di mettere in ginocchio il settore nelle Marche. Altri tagli in arrivo

Pesca, il settore in ginocchio per il fermo e i tagli Ue
Pesca, il settore in ginocchio per il fermo e i tagli Ue
di Martina Marinangeli
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Martedì 15 Giugno 2021, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 15:19

ANCONA - La mannaia europea sulla pesca che rischia di mettere in ginocchio un intero settore. A Bruxelles la strada sembra ormai tracciata: al taglio delle attività pari al 10% stabilita per il 2020, si è aggiunta quest’anno un’ulteriore riduzione del 10%.

Ed entro il 2024, il 40% della pesca a strascico nel Mediterraneo dovrà essere abolito. L’obiettivo dichiarato è quello di tutelare il mare e le sue risorse, ma il contraccolpo per il comparto potrebbe essere devastante.

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La road map è ritenuta infatti irricevibile da un Paese come l’Italia, che dell’economia blu ha fatto un volano di sviluppo.


Le preoccupazioni
E manifestazioni di protesta si sono susseguite dal nord al sud dello Stivale negli scorsi giorni.

Comprese le Marche, che già vedono il comparto ittico in forte sofferenza. «Già negli ultimi tre anni, la nostra regione ha visto un taglio del 30% del numero di imbarcazioni a strascico – aggiorna il quadro Simone Cecchettini, responsabile agroalimentare e pesca della LegaCoop Marche -. Se si riducono ulteriormente anche i giorni di pesca, scendendo sotto i tre a settimana, si mette a dura prova la possibilità delle imprese ittiche di fare reddito».


I nodi da sciogliere
La nostra regione può contare su una flotta di 700 imbarcazioni, tra grandi e piccole, che vede una media di due o tre marinai per ognuna di esse: «parliamo dunque di circa 1400-1500 imbarcati diretti – sottolinea Cecchettini –, a cui poi va sommato l’indotto, che subirebbe il contraccolpo delle decisioni della Commissione europea». In primis, i mercati ittici a terra, che si vedrebbero depauperati della materia prima. Quattro quelli principali distribuiti sul territorio da Fano a San Benedetto del Tronto, passando per Ancona e Civitanova Marche. Poker a cui si aggiunge quello di dimensioni ridotte di Pesaro. Un settore che, nel suo complesso, produce un fatturato annuo di 100milioni euro e rappresenta dunque una fetta importante dell’economia marchigiana. 


Le altre limitazioni
«Lo slogan della manifestazione organizzata dall’Alleanza delle cooperative italiane – prosegue l’esponente di LegaCoop – è “Salviamo la pesca”, e significa anche salvare il pesce fresco sulle tavole dei marchigiani e degli italiani. Un problema enorme è infatti quello dei prodotti ittici importati, che non garantiscono la stessa qualità». L’impopolare decisione di Bruxelles va inoltre a sommarsi a tutta una serie di limitazioni del settore già in atto. Partiamo dal fermo pesca, che quest’anno è previsto dal 31 luglio al 6 settembre. Come già in precedenza, si è deciso però di procedere con stop scaglionati, così da non paralizzare l’intera flotta regionale: «i compartimenti da Civitanova (che è sotto quello di Ancona) in su si fermeranno per l’intero periodo – fa sapere Cecchettini –, mentre quello di San Benedetto del Tronto continuerà a lavorare fino a metà agosto, così da poter garantire il pesce fresco almeno per Ferragosto». Una volta finito il limbo del fermo pesca, per il settore ittico si aprono poi 10 settimane durante le quali sarà possibile pescare solo per tre giorni la settimana. Ma c’è dell’altro: sono previsti 15 giorni ulteriori di stop, da spalmare durante l’anno, per le piccole imbarcazioni, che diventano 30 per quelle grandi. Un calcolo di giorni lavorati da far venire il mal di testa.


Le richieste
Insomma, l’ennesima riduzione della pesca richiesta dall’Europa rischierebbe di far naufragare tutto il settore: «sotto i tre giorni di lavoro la settimana, l’impresa non riuscirebbe a raggiungere il break even», l’amara osservazione di Cecchettini che punta tutto sul fattore tempo e sulla possibilità di rivedere l’intera situazione. «La nuova regolamentazione - sottolinea - che dovrebbe entrare in vigore dal 2024 è come una spada di Damocle per chi fa questo lavoro ed è per questo che abbiamo avviato una protesta “preventiva”, sperando di far sentire la nostra voce a Bruxelles».

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