Morto Pelè, la leggenda del calcio aveva 82 anni. Dalla ginga al gol all'Italia: storia di un campione infinito

Morto Pelè, la leggenda del calcio aveva 82 anni. Dalla ginga al gol all'Italia: storia di un campione infinito. Il gol segnato all'Italia nel 1970
Morto Pelè, la leggenda del calcio aveva 82 anni. Dalla ginga al gol all'Italia: storia di un campione infinito. Il gol segnato all'Italia nel 1970
di Gianluca Murgia
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Giovedì 29 Dicembre 2022, 20:04 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 11:31

In cielo, da dio del calcio, Pelè era già salito. Era il 21 giugno 1970. Minuto 18 della finale mondiale tra Brasile e Italia allo stadio Azteca di Città del Messico: rimessa di Tostao, palla a Rivelino, cross al volo sul secondo palo e Pelè, sospeso nell'aria per un tempo apparso interminabile, supera Burgnich e di testa la infila nell'angolino. Per O' Rey, all'anagrafe Edson Arantes do Nascimento, 173 centimetri di talento puro cresciuto nelle favelas di Bauru tirando calci ad un pallone di stracci, quel gol vale il terzo Mondiale vinto in carriera (1958, 1962 e 1970), la Coppa Rimet portata per sempre in Brasile e un posto da immortale nella storia del calcio. Il 29 dicembre, con la scomparsa di Pelè, per il Brasile è lutto nazionale. Per il calcio mondiale è lutto totale. Pelè aveva 82 anni. Era stato operato il 4 settembre 2021: i medici, dopo alcuni controlli di routine, avevano scoperto un tumore al colon. Le sue condizioni si erano aggravate nei giorni scorsi fino al ricovero d'urgenza in ospedale. La veglia funebre si svolgerà il 2 gennaio a Vila Belmiro, storico stadio del Santos.

Nessuno come lui

Nessuno, fino ad ora, è riuscito a eguagliarlo. Annotazione a margine: Pelè, nel giorno di quella finale, nel 1970, aveva appena 29 anni e 8 mesi. Un'età che nel mondo pallonaro attuale permette, a nani e prime ballerine (sportivamente parlando), di giocare e incassare ancora ad altissimi livelli. Lui, invece, dopo quella finale ad ascensione celestiale con la Selecao scese in campo altre 4 volte prima di dire adeus. Le scarpette le appese definitivamente al chiodo a 7 anni di distanza, dopo una vita con la maglia del Santos (10 campionati vinti, due Libertadores e due Intercontinentali) e due stagioni, dal 1975 al 1977, a predicare (nel deserto) calcio con i New York Cosmos. Il piano contabile definitivo è ancora oggi abbagliante: 1281 gol in 1363 partite giocate, 77 dei quali in 92 partite con la maglia verdeoro.

Quando O Rey venne in Romagna

Pelè a Riccione. Accadde due volte tra il 1966 e il 1967. L'occasione fu la partita amichevole del suo Santos contro il Venezia (a marcarlo fu Sergio Santarini) allo stadio di Riccione e poi il suo viaggio di nozze, con la prima moglie Rosemeri dos Reis Cholbi, a casa dell’industriale tedesco Rolan Endler che a Riccione aveva una villa.

Curiosità: Pelè, in quella occasione, andò a comprare un paio di scarpette da Silvano Saponi a La Scarpa d'Oro. 

Quanto potrebbe valere oggi Pelè?

Se per il 37enne Cristiano Ronaldo gli arabi del Al-Nassr sono arrivati a offrire 200milioni di euro all'anno per due stagioni, quanto sarebbe potuto valere, oggi, Pelè? Sappiamo che il Real Madrid ha fatto carte false per fargli indossare la camiseta blanca e Agnelli (Umberto), nel 1961, era disposto a dargli le azioni della Fiat e offrire un milione di dollari al Santos. Nulla da fare: nella leggenda di Pelè, nato poverissimo e morto da re, oggi, all'età di 82 anni, strappato alla vita terrena da un tumore al Colon, c'è anche l'appartenenza e l'identità ad un paese che respira calcio, che vive e muore per il calcio, dove il calcio è politica e la politica – le ultime elezioni lo insegnano – si impossessa del calcio. Pelè è stato ambasciatore delle Nazioni Unite e dell'Unesco oltre che ministro straordinario per lo sport e autore della “Legge Pelé” per frenare la corruzione nel calcio brasiliano.

Era ricoverato dal 29 novembre

Pelé, dallo scorso 29 novembre, viveva nell'ospedale Einstein di San Paolo dove le cure chemioterapiche (in seguito al tumore operato un anno fa) erano state sostituite da un percorso palliativo. Le voci di un aggravamento sono state dribblate dalla famiglia e poi dal bollettino dell'ospedale ma l'idea di essere di fronte all'ineluttabile, giorno dopo giorno, era ormai chiara a tutti. Pelè è stato inserito dal Time tra le 100 figure più influenti del XX Secolo. In Brasile è stato dichiarato "Tesoro nazionale" dal presidente Janio Quadros e, nel 2011, patrimonio storico-sportivo dell'umanità. In lui non c'era solo la spettacolarità ed estemporaneità della tecnica ginga insegnata dal padre Dondinho palleggiando con dei frutti. Andate su youtube e cercate qualche sua partita, una giocata, un'azione. Guardandolo – come scriveva Brera – si capisce perché i brasiliani gli abbiano stampato l'orma del piede sulla copertina del libro Eu sou Pelé, perché per lui abbiano chiesto sogghignando un miliardo. “Sono onesti. Per Pelé ci vuole un trilione, cioè mille miliardi. Eppure era traccagnotto e potente, ma nello stesso tempo agile e sciolto, come i grandi atleti olimpici che corrono soltanto. Batteva di sinistro e destro, sempre mirando. Dribblava con movenze armoniose, sornione, plastiche, senza sculettare o danzare come tanti. Rifiutava il numero di dribbling (el pase) come una manifestazione deteriore e inutile. Mettete tutti gli assi che volete in negativo – scriveva ancora Brera - poneteli uno sull'altro: esce una faccia nera, un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti”.

 

Maradona y Pelè

Perfetti per tutti ma non per la Fifa che promuovendo un sondaggio sul miglior giocatore di tutti i tempi, anni fa, vide Maradona battere di misura Pelè (53,6%). “Maradona diceva di essere il migliore, ma io segnavo in tutti i modi” ricordava Pelè. La sua drible da vaca è diventata una giocata “brevettata”. La sua rovesciata, invece, divenne il manifesto di un film: Fuga per la vittoria. Nel 2016 il film biografico “Pelé” scritto e diretto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist ha raccontato come è nato il mito. Perché c'è stato un tempo in cui Pelè era semplicemente Dico, bambino all'epoca del Maracanazo (una delle più grandi disfatte calcistiche del Brasile: la finale del Mondiale 1950 persa in casa contro l'Uruguay).

Il primo mondiale in Svezia

Un periodo breve perché il talento si manifestò con un bagliore accecante, come quando nasce una stella: le prime partite giocate scalzo, la rivalità con il giovane Altafini, il tatticismo con cui combatte nelle giovanili del Santos e l'affermazione giocando semplicemente da Pelè, la chiamata in Nazionale per i Mondiali del 1958 in Svezia, l'infortunio al ginocchio, il recupero lampo, il rapporto complicato con il ct Feola e la vittoria in finale, nel solco di Davide contro Golia, al cospetto di Liedholm, Hamrin e Gren. Pelè aveva 17 anni e, di fronte a quesi giganti scandinavi, sembrava ancora più piccolo. Invece impartì a tutti una lezione di architettura moderna con la rete siglata, dopo sombrero su Gustavsson e conseguente tiro al volo, in finale: un manifesto dell'eterna bellezza. “Quando avevo 10 anni ho visto mio padre piangere per una sconfitta del Brasile come il Maracanazo – ha raccontato anni dopo Pelè -. Anche mio figlio mi ha visto quasi piangere: ero a Rio ad assistere a Brasile-Germania 1-7. La storia si ripete. I due Mondiali che abbiamo giocato in Brasile li abbiamo persi e non c'è spiegazione".

Mai banale, anche nell'ultimo saluto

Oggi, con la scomparsa di Pelè, per il Brasile è lutto nazionale. Un sentimento di dolore che, per forza di cose, pervade l'intero globo: tutti sanno chi è stato Pelè. Mai banale, del resto, O Rey che per il congedo ha scelto i giorni successivi all'unico mondiale invernale della storia. Come quando i pianeti si allineano alla luna: la Coppa del Mondo in Qatar, con Messi campione che che taglia il traguardo delle 1000 partite, Mbappé capocannoniere che lo ricorda tremendamente, e Cr7 che, dopo essere diventato il primo giocatore ad aver segnato in 5 diversi mondiali, reclama un gol non suo uscendo mestamente di scena. Del resto le ricorrenze numeriche, nel calcio, spesso illuminano chi non splende più come una volta. Pelè, fino all'ultimo, ha invece regalato il suo sorriso carico di luce a tutti: “Amici, sono in ospedale a fare la mia visita mensile. Fa sempre piacere ricevere messaggi positivi come questo. Grazie al Qatar per questo tributo e a tutti coloro che mi mandano buone vibrazioni” aveva scritto, pochi giorni fa, su Instagram ringraziando per l'omaggio eseguito con dei droni capaci di formare, nel cielo, una maglia numero 10 luminosa. Un'immagine evocativa di un altro immenso numero 10 che ora vola, libero, in cielo.

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