L'insoddisfazione che mette in bilico Ceriscioli e la via verso una strada nuova

L'insoddisfazione che mette in bilico Ceriscioli e la via verso una strada nuova
di Andrea Taffi
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Martedì 3 Dicembre 2019, 07:50

ANCONA -  La sensazione è nell’aria già da qualche giorno, la conclusione della Costituente delle idee Pd ha soltanto aggiunto nuovi dettagli. La sensazione è che nel Pd Marche continui a esserci qualcosa a cui non si riesce a dare un verso e che nessuno vuole prendere per le corna. Il meeting di Civitanova potrebbe aver segnato un silenzioso punto di non ritorno da questo punto di vista: che si parta dai sindaci (parecchi critici nell’incontro della mattina sul mood regionale) o che si chiuda il cerchio con le considerazioni finali del segretario regionale Gostoli («Ceriscioli ha governato bene ma continua a esserci un problema di percezione di quanto svolto») persiste, latente, una corrente di insoddisfazione. Il guaio è che di percezione erronea, di narrazione morbida se ne parla da maggio e dopo sette mesi trovarsi più o meno al punto di partenza è un segnale di pericolosa stagnazione in un percorso che invece era stato annunciato con toni più risolutivi dal governatore e dal gruppo dirigente rispetto al passato. Quindi manca la scintilla che compatti il fronte.

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A questo nelle ultime settimane si è aggiunta la rilevazione Swg (realizzata tra ottobre e novembre) che ha fatto il paio con quella locale di settembre: l’azione di Ceriscioli è stata ritenuta efficace solo dal 24% delle persone ascoltate (undicesimo insieme al collega dell’Abruzzo, Marsilio). Tutto questo (ri)conduce a una questione di incisività dell’azione politica di palazzo Raffaello. O forse no, è la solita malmostosità diffusa che il Pd conosce bene. Su questo la direzione di venerdì potrà offrire un contributo più organico. Ma la domanda tornata d’attualità è se - a 6 mesi dalle Regionali - sia giusto andare avanti con Ceriscioli come candidato. Oppure, girando la questione: c’è un modo per marciare più uniti ed eliminare le scorie del malcontento serpeggiante? Azzeccare la risposta significa poter giocarsi fino in fondo le elezioni 2020. Con il centrodestra di questi tempi l’alternativa è essere cancellati individualmente. La scommessa è delicata: lo statuto del Pd e le primarie sarebbero il passaggio obbligato, ma si sa bene che la consultazione interna può diventare un gioco di specchi dove nascondere i problemi.

Il Ceriscioli-pensiero è chiaro: al congresso regionale di un anno fa è come se avessi fatto le primarie, vincendo tanto a poco. Ma oggi è cambiato lo scenario: il Ricci di oggi appare diverso da quello che aveva riconfigurato il patto di ferro con il governatore. Più distaccato, meno interessato alle dinamiche regionali (per inciso, il 10 dicembre – festa delle Marche – sarà a Milano per la manifestazione in favore della Segre). E Ricci vale mezza Pesaro. Così si arriva alla madre di tutte le domande: il malcontento è stato ufficializzato a Ceriscioli? Di sicuro il governatore si è accorto di questo clima poco sereno punteggiato da critiche più o meno vaghe.  Per la Pesaro critica con palazzo Raffaello dovrebbe essere Gostoli ad affrontare il tema con Ceriscioli (una sorta di educato prego si accomodi); per gli ortodossi se ne deve parlare in direzione regionale; per altri ancora Ceriscioli potrebbe togliere tutti d’impaccio facendo un passo indietro.

Possibilità remota ma pur sempre possibilità.

Vale la pena di spingersi così in mare aperto per cercare il vento giusto? Per qualcuno all’interno dei democrat potrebbe essere la strada giusta anche per dare il colpo d’ala al dialogo intavolato con i Cinque stelle marchigiani, iniziato ma non decollato. A quel punto i nomi in campo sono quasi obbligati: Mancinelli? Longhi? Comunque una soluzione extrapesarese che non faccia arrabbiare Macerata, Fermo o Ascoli. Mancinelli non sarebbe gradita ai grillini di Ancona ma fuori potrebbe funzionare anche con il M5S. Oggi le smentite fioccheranno, ma alla campanella dell’ultimo giro c’è poco da girare intorno alla dialettica: i nodi sono questi. Dopo 4 anni e mezzo di governo nel giro di un mese si decideranno gli assetti. Poi, stavolta per davvero, non si faranno più prigionieri.

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