L’entroterra a corto di medici di base: «Costretti a spostarci in altri Comuni». L'appello dei sindaci: «Stipendi più alti per farli venire nelle aree montane»

L’entroterra a corto di medici di base: «Costretti a spostarci in altri Comuni». L'appello dei sindaci: «Stipendi più alti per farli venire nelle aree montane»
L’entroterra a corto di medici di base: «Costretti a spostarci in altri Comuni». L'appello dei sindaci: «Stipendi più alti per farli venire nelle aree montane»
di Véronique Angeletti
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Martedì 13 Dicembre 2022, 04:20 - Ultimo aggiornamento: 15:15

ANCONA Nelle aree interne, non è la mela che toglie il medico di torno ma la meritata pensione. Il voler andare a riposo di un medico di famiglia, primo sanitario ad essere chiamato in causa nella medicina del territorio, lascia orfani di servizi centinaia e a volte oltre migliaia pazienti. Un vulnus nel diritto alla salute del cittadino che i sindaci sono chiamati subito a colmare, pur essendo ben consapevoli che non hanno il potere per farlo. Marco Filipponi, sindaco di Genga, 1679 residenti di cui il 20% over 80, avrà sicuramente problemi l’anno prossimo e pure nel 2023.

 
La geografia


La geografia del suo comune, diviso dalla Gola di Frasassi che ospita il noto complesso ipogeo, impone al paese di avere per perno due ambulatori. Uno a Genga Castello, in un locale di proprietà comunale, che ospita un dottore che è anche uno dei medici di base di Sassoferrato, paese confinante con quella parte del comune. Dall’altra parte della Gola, a Genga Stazione, c’è invece un ambulatorio appendice del plesso delle scuole medie dove esercita un dottore che proviene da Fabriano. «So che hanno in prospettiva di andare in pensione e con l’attuale carenza di medici di famiglia, temo che i miei ambulatori rischino di rimanere vuoti». Un problema che il comune montano Frontone, 1301 abitanti - un indice di 36,14 abitanti per chilometro quadrato - vive da settembre 2021. «Ad un anno e mezzo di distanza, ancora non abbiamo risolto – spiega il sindaco Daniele Tagnani -. I miei concittadini vanno a Cagli, a Pergola, a Serra Sant’Abbondio. La carenza dei medici di famiglia è un grave problema che investe in pieno i piccoli comuni e ringrazio l’assessore alla sanità regionale Saltamartini che ci è venuto incontro proponendo di alzare i massimali. Ma non è una soluzione». E aggiunge: «Se dobbiamo dividere il personale sanitario con altri paesi allora dobbiamo organizzare servizi diversi che vadano incontro alla gente come un taxi sociale per aiutare l’anziano ad andare dal suo dottore». 


Il divario


Incalza il sindaco: «Esiste un divario di cittadinanza che rientra nelle priorità del Pnrr, pertanto, mi aspetto che per le aree interne si adotti un approccio specifico e differenziato che tenga conto dei limiti territoriali e dei diversi bisogni della comunità».

Alvaro Cesaroni, il Sindaco di Comunanza, 3127 abitanti, alle falde dei Monti Sibillini, ha più di una battaglia in agenda. Ieri era quella per evitare la soppressione della Guardia Medica, domani sarà trovare un medico di base per sostituire uno dei tre che andrà in pensione. «So che non sarà facile. Il problema fondamentale è che non ci sono professionisti e i bandi, specialmente nelle aree rurali interne di montagna, vanno deserti. Ogni misura che prendiamo serve solo a tamponare ma non risolve». La sua idea è semplice: incentivare i giovani ad esercitare nei piccoli centri dando un aumento cospicuo di stipendio. 


Il tetris


«Non aiuta dare più pazienti, ossia alzare il numero – osserva – ma aumentare lo stipendio farà sicuramente la differenza. Se un medico a San Benedetto del Tronto prende 100, a Comunanza dovrà prendere 150». Gilberto Caraceni è il primo cittadino di Massa Fermana, 903 abitanti. Nel suo comune vengono due medici. Uno, il mercoledì e il venerdì; un altro il primo e il terzo martedì del mese. «Questa situazione è già un risultato – afferma – il nostro medico è andato in pensione due anni fa in piena pandemia. Abbiamo chiesto aiuto ai medici degli altri territori ed ecco come siamo riusciti ad avere un dottore». Ma chiosa con un’amara osservazione: «Dopo non ci si può lamentare per le file al pronto soccorso se sui territori non ci sono i medici di base che vanno nelle case». 
 

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