Marche, Unioni dei Comuni e aiuti alle famiglie contro la denatalità

Unioni dei Comuni e aiuti alle famiglie contro la denatalità
Unioni dei Comuni e aiuti alle famiglie contro la denatalità
di Maria Cristina Benedetti
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Venerdì 13 Gennaio 2023, 02:40

ANCONA Accende il faro sull’emergenza, Valeria Mancinelli. «Sono tre i punti fermi. Il primo: il saldo naturale è negativo, in dieci mesi si contano oltre 8.700 morti in più rispetto alle nascite». La sindaca dorica indossa la giacchetta da presidente regionale dell’Anci, l’associazione che è sintesi dei Comuni, per ribadire le spine dell’allarme demografico. «Il saldo migratorio è positivo: la differenza tra chi lascia le Marche e chi entra è +4.200». Il che compensa, al 50%, il dato iniziale. «In pratica, da gennaio a ottobre dell’anno che s’è appena concluso, sono diminuiti 4.500 abitanti, l’equivalente d’un paese». Dà una sequenza logica, la Mancinelli, alle cifre che compongono il mosaico dell’ultimo aggiornamento Istat. «Questa è la diagnosi», ordina le tappe d’un percorso che si preannuncia lungo e tortuoso alla vigilia del convegno “I Comuni e la Regione a sostegno della natalità”. Torna a sollecitare l’azione: «Intanto va acceso il faro». Perché in questa terra orlata di Adriatico va peggio che nel resto d’Italia e per invertire la rotta ci vorranno almeno trent’anni. «Ma è necessario partire», accelera fin dove può. Va oltre i proclami: domani, al centro Stella Maris a Torrette di Ancona, dalle 9 e 30 alle 12 e 30, il focus sarà garantito dal presidente nazionale dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. Non indica la cura, la sindaca, piuttosto la suggerisce attraverso spunti di riflessione che s’innestano sui macro-numeri che Francesco Chelli usa come fossero l’apripista: «La media nazionale della flessione delle nascite in questi dieci mesi è stata del 2,6%; nelle Marche siamo arrivati al 3,8%». 

L’affidabilità 

Fondamentale è un cavillo, per il docente di Statistica economica alla Politecnica: a differenza di altri tipi di previsione, quelle demografiche hanno una forte affidabilità.

Come dire: di questo vuoto a perdere si sapeva già 40 anni fa. Lo va ripetendo: «Qui, dove il tasso di fertilità è più basso che altrove, si riduce l’effetto-rimpiazzo». La sua convinzione, da sempre: «Nel 2070 avremo un quarto in meno della popolazione». Impossibile non immaginare che l’impatto sul Pil sarà enorme. «Si ridurrà di un terzo per l’Italia tutta», è la previsione amara del prof. Il suo antidoto: «Se il cuore del problema sono le donne, solo sostenendole si affronta l’emergenza». Dilata sguardo e cuore: «Si deve aiutare la famiglia, è patrimonio della società». Non rinuncia alla citazione, la più amata: «Una quarantina di anni fa la Francia aveva detto che il terzo figlio sarebbe cresciuto a carico dello Stato. Hanno arginato il problema». Paolo Perticaroli, presidente del Forum delle associazioni familiari delle Marche, rafforza l’effetto: «Il primo interlocutore sono le famiglie, che hanno bisogno di essere sorrette». Indica la priorità: «Il problema sono i servizi. Miglioriamoli. Per esperienza dico che c’è volontà di avere più figli». Un volere, è il suo credo, che non va scoraggiato. Mai. Il prof fa le dovute differenze: «Le città e i centri minori della costa soffrono meno le conseguenze della natalità». Sommare gli elementi, prego. 

Il crocevia

La chiave di volta è nelle scelte politiche, lo sa bene la Mancinelli. «Noi che rappresentiamo i Comuni siamo le istituzioni a chilometro zero. Crocevia, in questa epoca di transizione demografica». Rammenta: «É una crisi che incrocia le politiche pubbliche. Alla soluzione si arriverà tra trent’anni, ma le decisioni vanno prese ora. Adesso». Subito, non concede altro tempo al tempo. «Siamo già in ritardo. Ognuno deve fare la propria parte. Si devono compiere delle scelte, come sulla sorte dell’entroterra, a cui sono molto legata. Si deve stabilire cosa fare e perché». Soprattutto per chi. «Se nei centri più piccoli e interni le scuole sono a rischio perché i bimbi e i ragazzi sono sempre di meno, o si decide di modificare i parametri ministeriali che stabiliscono i limiti di frequenza o si deve chiudere». Azione, innanzitutto. Con questa terra che si fa metafora e denominatore. Marcello Bedeschi, coordinatore regionale delle Anci regionali ricorda: «Il 70% degli 8mila comuni italiani è di piccola dimensione. Sono i più penalizzati». Le Marche si spopolano. Si torna indietro di vent’anni. Fino al 2019 questa terra era abitata da oltre un milione e mezzo di anime, da allora la curva iniziò a piegarsi, per ritrovarsi ora sul punto minimo del 2002 quando si contavano 1.484.601 marchigiani. 

Gli attacchi

Un fenomeno che tuttavia non è uniforme, tant’è che dal 2021 al 2031, secondo l’Istat, Ancona passerà dagli attuali 99mila residenti a 96mila, mentre Pesaro resisterà agli attacchi: sarà l’unico capoluogo che manterrà costante il numero dei suoi cittadini. Bedeschi si ritrova sul terreno ardito dei servizi, la cui assenza genera l’effetto-fuga: «Se mancano, una soluzione dovrebbe essere quella di mettersi insieme, di creare un fronte compatto. Andrebbero favorite le Unioni dei Comuni». Acceso il faro, ora va direzionato.

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