Dal dossier un verdetto che taglia le gambe alle Marche: «Terra di analfabeti digitali»

Dal dossier un verdetto che taglia le gambe alle Marche: «Terra di analfabeti digitali»
Dal dossier un verdetto che taglia le gambe alle Marche: «Terra di analfabeti digitali»
di Massimiliano Viti
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Domenica 24 Aprile 2022, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 09:06

ANCONA -  Il Trentino Alto Adige è primo in Italia in sostenibilità digitale. Indovinate quale è la regione all’ultimo posto? Le Marche, che dividono questo trend negativo con Piemonte e Toscana: è quanto rileva il Digital sustainability index (Disi), il primo indice italiano di misurazione della sostenibilità digitale, realizzato dalla Fondazione per la sostenibilità digitale, la prima fondazione di ricerca riconosciuta in Italia dedicata ad approfondire i temi in questione.


«Quella che emerge dal Disi è un’Italia molto diversa rispetto a quella raccontata dalle analisi tradizionali» afferma Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. «I risultati della ricerca evidenziano diverse conferme ed alcune sorprese: è il Trentino-Alto Adige a guidare la classifica, forte sia di un buon indice di digitalizzazione che di un alto coefficiente di cittadini che sono consapevoli del ruolo della tecnologia a supporto della sostenibilità. Ma in seconda posizione trova posto il Molise: regione caratterizzata da un bassissimo indice di digitalizzazione. In questo caso a posizionarla così in alto nella classifica è l’alta percentuale di cittadini molisani che, pur in condizioni infrastrutturali spesso critiche, danno grande importanza sia alla sostenibilità che al digitale come strumento a supporto della sostenibilità». Seguono Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna. Marche, Piemonte e Toscana chiudono la classifica. 

A penalizzare queste regioni, spiega Epifani, «non è tanto il coefficiente di digitalizzazione che, fatta eccezione per le Marche, è al di sopra della media italiana, ma il rapporto molto sfavorevole tra utenti digitali che hanno consapevolezza del possibile ruolo della tecnologia come strumento della digitalizzazione, oltre a comportamenti conseguenti».

Le analisi realizzate dalla Fondazione dimostrano che gli italiani utilizzano la tecnologia digitale con poca consapevolezza rispetto ai potenziali impatti di sostenibilità, e talvolta sono proprio i territori meno infrastrutturati quelli nei quali si percepisce maggiormente l’esigenza di determinati servizi, che altrove vengono dati invece per scontati, o non ricollegati esplicitamente ai loro impatti di sostenibilità.

I profili che emergono dalla ricerca sono quattro. Il 26% degli italiani fa parte della categoria sostenibili Digitali: sono prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (55% del cluster) e vivono per lo più in grandi centri urbani del Nord Est e del Centro. Il 25% sono gli insostenibili Digitali: prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (56% del cluster che gravitano in grandi centri urbani del Nord Ovest e del Sud e Isole. Fanno parte degli insostenibili analogici il 31% degli italiani: prevalentemente donne di età superiore ai 44 anni (58% del cluster). Diplomati con un reddito fino a 40mila euro. Vivono per lo più in piccoli e medi centri urbani del Sud e Isole. Infine, i sostenibili analogici di cui fanno parte il 18% degli italiani: sono sia uomini che donne di età superiore ai 44 anni (56% del cluster). Hanno un titolo di studio medio basso. Vivono per lo più in piccoli centri urbani del Nord e del Centro.

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