ANCONA - Dopo il Covid, il caro gasolio. La tempesta perfetta per i pescherecci delle Marche che si ritrovano a fare i conti con un effetto guerra devastante a tal punto che c’è anche chi ha deciso di spegnere i motori e non andare in mare. I bilanci saltano, la filiera ittica annaspa e mai come in questo momento uno dei settori trainanti dell’economia marchigiana rischia di perdere i pezzi.
Succede adesso, che il conflitto tra Russia ed Ucraina ha inasprito ancora di più una situazione diventata già allarmante da diverse settimane.
E succede che l’aumento spropositato del costo del gasolio sta portando gli armatori - quelli con grandi pescherecci - a prendere decisioni drastiche a cui mai si era arrivati. «Come Coldiretti la risposta più immediata che possiamo dare è chiedere di sbloccare velocemente le risorse nazionali ed europee per fornire subito liquidità alle imprese», sottolinea la presidente regionale Maria Letizia Gardoni.
I dati regionali
Nelle Marche, quinta marineria d’Italia, operano 750 pescherecci - oltre 180 “energivori” che danno lavoro a circa 1.500 addetti: un sistema economico che fornisce 21mila tonnellate di pescato all’anno, pari all’11% della produzione nazionale e con un fatturato di oltre 100milioni di euro. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato (+90%) rispetto allo scorso anno, costringendo i pescherecci italiani e dunque anche quelli marchigiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite favorendo le importazioni di pesce straniero. «L’effetto dell’incremento del prezzo medio del gasolio - sottolinea la Coldiretti Impresapesca - si sta abbattendo come una tempesta sull’attività dei pescherecci. Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata, infatti, proprio dal carburante. Con gli attuali ricavi la maggior parte delle imprese non riesce a coprire nemmeno i costi energetici oltre alle altre voci che gli armatori devono sostenere per la normale attività».
I prezzi lievitati
I numeri sono eloquenti: nel febbraio 2020 il gasolio per alimentare i motori dei pescherecci costava 39 centesimi al litro, adesso il prezzo è arrivato a 77 centesimi al litro e se prima questa voce incideva sul bilancio di un’impresa per il 40% ora è arrivata al 70%: una situazione insostenibile per tutto il settore ma specialmente per la pesca d’altura, ossia per l’attività ittica che si svolge a grandi distanze dalla costa. Ma la crisi energetica va ad aggravare una situazione già resa difficile dalla riduzione dell’attività di pesca scattata dal 1° gennaio di quest’anno per un corposo segmento produttivo della flotta nazionale a causa delle nuove disposizioni dell’Ue e del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (Cgpm). Con le nuove regole le uscite in mare si sono ridotte a poco più di 120 giorni o 130 giorni in base alle dimensioni delle imbarcazioni, pari ad un terzo delle giornate annue. «La situazione è paradossale e drammatica. Diversi pescherecci, soprattutto quelli che operano lontano dalla costa e quindi maggiormente energivori, si sono fermati a causa degli aumenti spropositati del gasolio». A sottolinearlo è Tonino Giardini, responsabile nazionale Coldiretti Impresapesca, con l’attività a Fano.
L’appello
«Le spese lievitano in maniera esagerata.