SAN BENEDETTO - Non c’è posto per Dimitri nella scuola media più vicina alla Caritas di San Benedetto: dopo la fuga dalle bombe il ragazzino ucraino è colpito anche dalla burocrazia italiana che vieta di superare quota 26 alunni per classe al fine di garantire il giusto distanziamento sociale in tempi di Covid.
La vicenda
Dimitri - il nome è di fantasia per tutelare l’anonimato del piccolo ucraino - è arrivato insieme alla mamma , nei giorni scorsi, dalla martoriata terra aggredita dalla Russia.
La spiegazione
«San Benedetto è una città grande, posti ce ne saranno di sicuro - spiega il Marco Ugo Filisetti, direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale - Noi siamo impegnati sul fronte dell’accoglienza e abbiamo già sistemato circa 100 ragazzi in tutte le Marche. Sicuramente non sono tutti quelli arrivati ma la procedura è standard. Si devono presentare in questura e devono essere identificati. A quel punto si verificano le questioni sanitarie, che poi vuol dire, se sono vaccinati o no. Una volta che tutto è a posto, le scuole possono accogliere i ragazzi i quali possono cominciare a frequentare le classi. Ribadisco che c’è disponibilità sul nostro territorio. Abbiamo 10mila classi in tutte le Marche, qualche decina di alunni in più non crea problemi».
Le regole
Già, per i grandi numeri del provveditore spazio ce n’è a sufficienza ma per il singolo Dimitri la situazione purtroppo non è così chiara. «Stiamo aspattando una risposta» dice laconicamente don Gianni Croci senza aggiungere commenti. Ma sarebbe una vicenda non tanto diversa da quella di altri ragazzi, italiani però, affidati dai servizi sociali alla Caritas che si sono trovati nelle medesime condizioni: non ci sono posti disponibili.
La Dad
Due amici di Dimitri, invece, il problema l’hanno risolto alla radice: poiché frequentavano in Ucraina una scuola privata continuano a restare in contatto con i propri docenti. Una sorta di Dad giustificata non più dal virus ma dalle bombe. Un metodo intelligente anche per non perdere i contatti. D’altra parte se c’è una cosa che i conflitti distruggono spesso è l’identità e la scuola è parte integrante del sentirsi legati gli uni agli altri. Quindi via alla didattica a distanza, ma per Dimitri non è possibile. Intanto magari potrà cominciare, con la mamma, i corsi organizzati dall’Utes, l’Università delle Terza età di San Benedetto e Grottammare per favorire l’integrazione.
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