ANCONA Ci sono voluti quasi tre anni per riportare i turisti nelle Marche dopo il terremoto del 2017 che ha distrutto i borghi sui Sibillini e fatto tremare per mesi la terra sotto i piedi. Un periodo nerissimo per il settore trainante dell’economia regionale che ha pagato a caro prezzo gli effetti collaterali del sisma di cui ancora raccontiamo le macerie. Eppure nel 2019 si era riusciti a recuperare il terreno perduto, senza strafare, senza record inimmaginabili ma con un flusso standard di presenze - 10 milioni - che ha quantomeno risollevato le sorti di un territorio piegato prima da una crisi economica senza precedenti e poi dalla violenza devastatrice del terremoto.
I flussi
Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo, che è arrivato il Covid, il lockdown, la paura dei contagi, la conta delle vittime e il turismo è finito all’ultimo banco, sovrastato da una pandemia mondiale senza precedenti, cancellato dalle misure di emergenza che impedivano spostamenti persino da una città all’altra, figuriamoci da una regione o da uno Stato. Tra gennaio e agosto del 2020 il crollo è stato evidente, soprattutto nel numero degli arrivi e delle presenze dei turisti stranieri. Negli otto mesi presi in esame le strutture ricettive delle Marche hanno registrato 99.698 arrivi per un totale di 549.372 presenze. Nel 2019 i numeri raccontavamo una stagione differente: 302.235 arrivi tra gli stranieri e 1 milione 368mila 586 presenze.
L’evoluzione
Non male se consideriamo che in realtà la stagione vera e propria è iniziata ad estate inoltrata: prima abbiamo dovuto superare un secondo lockdown, il continuo passaggio da una zona all’altra - specialmente nei primi mesi dell’anno - e infine l’incertezza sulle misure, dal coprifuoco alle regole per la vita sociale, che sono state totalmente dipanate nel mese di luglio. Da lì il decollo è stato sotto gli occhi di tutti e il +23% (sul 2020) registrato fino a questo momento è solamente parziale. Manca infatti il mese di settembre, fondamentale almeno nelle prima quindicina di giorni, quando ancora la scuola doveva cominciare. Sul 2019 invece il gap negativo si assesta al 6%, ma anche in questo caso, l’analisi deve essere completata.
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